Reddito di povertà
Una norma di tre righe, inserita fra le 75 pagine fitte di contributi a pioggia, ha l’effetto di una inversione a U nella regolamentazione del Reddito di povertà, che il governo Schifani si appresta
ad assegnare avendo pubblicato il bando appena qualche giorno fa.
Per chi riceverà i fondi non sarà più obbligatorio svolgere lavori socialmente utili: il contributo da circa 5 mila euro sarà «gratis», si potrà anche restare disoccupati e a casa.
Fra le pieghe della Finanziaria o, meglio, del maxiemendamento approvato alle 9 di sabato mattina, il governo ha inserito un minuscolo articolo che corregge un comma dal valore
sostanziale della norma che a novembre ha previsto il Reddito di povertà.
Un mese fa, all’articolo 28 della legge 28/2024, era stato scritto precisamente che «i beneficiari del Reddito di povertà saranno destinati ad attività socialmente utili». Con la norma approvata sabato mattina l’obbligo diventa una facoltà: «Le parole “saranno destinati” sono sostituite con “potranno essere destinati”» recita la nuova legge.
«Con la vecchia formulazione c’era il rischio di creare un nuovo bacino di precariato», sussurra l’assessore all’Economia, Alessandro Dagnino.
Anche se la previsione di un impiego o almeno di una «contropartita» era stata esplicitamente chiesta a Schifani da Fratelli d’Italia per distinguere la misura voluta dal presidente dal Reddito
di cittadinanza del governo Conte.
E tuttavia l’obbligo di svolgere lavori socialmente utili una volta incassato l’assegno era di difficile gestione e il governo ha fatto retromarcia alla prima occasione. Tanto più che già nel bando, pubblicato quando ancora la Finanziaria non era stata approvata,
già si prevedevano numerose eccezioni a quest’obbligo. Ora, cancellato del tutto, è difficile ipotizzare che chi riceverà l’assegno sarà chiamato a svolgere
lavori socialmente utili, che i Comuni dovrebbero a loro volta premurarsi di organizzare.
Il bonus acquisti.
E mentre sta per scattare il termine per chiedere il Reddito di povertà con
le nuove regole, Schifani ha fatto approvare in Finanziaria un articolo che introduce un secondo bonus per le fasce meno abbienti. È quello che permetterà di erogare aiuti a fondo perduto per ammortizzare gli interessi sui prestiti contratti per acquistare beni di consumo durevoli non di lusso (per lo più elettrodomestici e auto o moto). Anche questo articolo è stato inserito in nottata nel maxi emendamento e ha ricevuto un budget di 15 milioni. La differenza rispetto al Reddito di povertà sta nel requisito minimo per ottenerlo: mentre nel primo caso bisogna avere un Isee di massimo 5 mila euro annui, nel caso del bonus per gli acquisti questo limite sale a 30 mila euro. Anche in questo caso, arriverà nei prossimi mesi un bando e la gestione verrà affidata all’Irfis.
Acqua, la Regione copre i morosi
Una terza norma voluta dal governo fa sì che la Regione copra le perdite registrate da Siciliacque a causa dell’evasione del canone da parte degli utenti. Norma molto delicata perché interviene su un fenomeno molto diffuso e non sempre a causa dei cittadini.
Lo spiega lo stesso Dagnino: «In alcune aree non c’è stata la consegna delle reti e non sono stati montati i contatori, dunque per Sicliacque è difficile incassare i canoni. Ciò produce perdite che mettono a rischio l’equilibrio aziendale». La contromossa della Regione è un prestito a lunghissimo termine e molto conveniente:
il governo Schifani erogherà a Siciliacque 10 milioni e 709 mila euro.
La società li restituirà (con gli interessi) in 13 anni a partire dal 2026. La cifra del prestito dà anche la dimensione di un fenomeno che in tempi di crisi idrica e controllo delle risorse assume un peso specifico perfino maggiore di quello già evidente.
