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Caltanissetta 401 > News > Cronaca > Gli speculatori d’oro del randagismo. Le falle del sistema sulla pelle dei cani. Parte prima
CronacaRandagismoRassegna stampa

Gli speculatori d’oro del randagismo. Le falle del sistema sulla pelle dei cani. Parte prima

Last updated: 31/03/2025 8:10
By Redazione 189 Views 6 Min Read
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L’inchiesta. Ogni “ospite” a 4 zampe costa fino a 4 euro al giorno. Lav: «Spazi al volontariato»

Da La Sicilia di Laura Distefano e Laura Mendola

“Randagismo, un’emergenza che si registra in particolare dove il sistema illecito detta le sue regole. E tra le regioni con un alto tasso di randagi c’è la Sicilia, assieme a Calabria e Campania.
Nell’isola ci sono numeri da capogiro (che non sono però costantemente aggiornati) che gravano
pesantemente sui conti delle pubbliche amministrazioni. Le stesse che non riescono a garantire il sostegno alle famiglie fragili perché «non ci sono somme a disposizione ». Dinnanzi ad un’emergenza, però, i soldi si trovano (quasi) sempre. Ai gestori dei rifugi per cani arrivano cifre considerevoli dalle casse degli enti pubblici.
Le strutture in tutta l’isola sono prevalentemente private. Quelle pubbliche possono contarsi sulle dita di una mano.
Per ogni cane ospite nella struttura il Comune deve sborsare una somma che varia tra i 3,50 euro ai
4,00 euro al giorno.

Spesso il «servizio di accoglienza e cura» viene affidato per un periodo limitato per poi procedere con gli affidamenti diretti anche se a fine anno poi spuntano somme da far paura.
La somma media che ogni anno viene sborsata dagli enti ai gestori nei canili dei randagi che sono
stati accalappiati è di 400 mila euro (nei comuni con 30 mila abitanti) fino a sfiorare 2 milioni di euro
per quelli più grandi. E se guardiamo bene i dati che dalla Regione sono stati trasmessi al Ministero della Salute – anche se non sempre c’è tanta trasparenza sul fenomeno randagismo – salta subito all’occhio che parliamo di un affare annuale di 11 milioni di euro (cifra che di anno in anno lievita considerevolmente).

Gli “affaristi” dei randagi hanno aguzzato l’ingegno. Tante sono state, infatti, negli ultimi anni le istanze per l’ampliamento dei canili, la realizzazione di altri (per essere più vicini ai comuni senza servizio e avere una spesa minore di gestione).
Nuove strutture per accogliere quanti più cani possibili con un obiettivo apparente: risolvere il disagio ai sindaci.

Ma c’è anche l’altra faccia della medaglia: fare affari (d’oro) sulla pelle degli amici a quattro zampe che vivono in questi luoghi lontani dagli occhi degli amministratori, ma anche da quelli dei cittadini che non possono direttamente “vigilare”. E allora tocca spesso alle associazioni animaliste provare a trovare qualche famiglia adottiva.
Il criminologo e responsabile dell’Osservatorio Zoomafia della Lav, Ciro Troiano, osserva che
«l’interessamento del crimine organizzato in questo settore» non sarebbe così diffuso: «Abbiamo
pochi riscontri e quelli abbiamo vengono dal passato».

Ma il marcio esiste. «Che il sistema sia inquinato dall’illecito questo certamente.
Non a caso, anche recentemente, ci sono stati amministratori coinvolti in procedimenti che avrebbero preso bustarelle per la gestione degli animali. E questo è dovuto principalmente al fatto che la normativa presenta delle falle. Le istituzioni preposte dovrebbero maggiormente privilegiare gli affidi alle associazioni di
volontariato che non sono quindi a scopo di lucro, e solo in subordine a società private di profitto».
Eliminando la parola guadagno si elimina la calamita dell’affare. E quindi si allontanano gli speculatori che vogliono fare soldi sulla pelle degli animali.

E i cani randagi sono le prime “vittime” di questo contorto schema. L’organo preposto alla salvaguardia e alla tutela degli animali è il Comune, mentre la loro salute è affidata alla sezione veterinaria di ogni azienda sanitaria. In Sicilia quindi le Asp. «Quello che i Comuni devono capire che sui cani randagi serve un’attenzione costante e puntuale non a spot. Non ci si può occupare di randagi solo quando c’è la denuncia del cittadino spaventato magari dalla presenza di un branco o dalla denuncia mediatica », spiega Troiano. Quindi una gestione «continuativa che duri tutto l’anno e che coinvolga le associazioni, il volontariato e anche la cittadinanza. E invece di puntare tutto sull’affidamento dell’animale al canile, cambiare strategia facendo una politica seria, fatta di informazione e sensibilizzazione sul territorio, sull’adozione dei cani».
Il canile, il più delle volte del privato, dovrebbe solo gestire una «parte residuale» della popolazione
dei randagi. E poi far funzionare di più «l’anagrafe canina» che – come spiega l’esponente della Lav significa «tutela non solo per l’animale ma anche per il proprietario ».
Il primo passo da compiere è una seria ed efficace campagna di «sterilizzazione». «Il cane randagio è una vittima di questo sistema », avverte Troiano. «È un animale abbandonato nell’incuria e deve quindi attivare i sistemi di sopravvivenza. Ma, ripeto, gli enti non si possono occupare dei randagi
solo quando il cittadino chiama per la presenza di un branco che li spaventa», avverte Troiano.
Mettere le pezze non serve a nulla. È un cane che si morde la coda. Per il criminologo della Lav la
strada maestra per allontanare la speculazione e tutto l’illecito che ne deriva è quello di «agevolare
nella gestione il mondo del volontariato che agisce senza l’interesse di un guadagno economico».”

Per concludere, ricordiamoci che a Caltanissetta siamo ormai prossimi al milione di euro l’anno e sono anni che si cercano soluzioni che al momento non hanno prodotto nulla, se non la “serie televisiva”.

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