Caltanissetta, ah Caltanissetta. Te ne stai lì, placida e sonnolenta, incastonata nel cuore della Sicilia. E il tuo centro storico? Un gioiello, sulla carta.
Viuzze strette che profumano di storia, palazzi nobiliari che raccontano fasti antichi, chiese che presentano una varietà di stili architettonici, passando per il neoclassico e l’eclettico e che svettano silenziose.
Peccato che, a guardare bene, a grattare via la patina superficiale da cartolina sbiadita, quello che resta è un desolante scenario di abbandono e degrado.
Un cimitero di pietra, dove il silenzio non è mistico, ma assordante assenza di vita.
E non venitemi a raccontare la solita litania sulla crisi, sui fondi che non ci sono, sulla burocrazia elefantiaca.
Balle. Scuse patetiche per giustificare l’immobilismo, la colpevole negligenza di chi avrebbe dovuto e dovrebbe prendersi cura di questo patrimonio.
Perché qui non parliamo di un anonimo sobborgo periferico, cari nisseni, parliamo del cuore pulsante della città, della sua anima più antica, che sta lentamente morendo sotto i colpi dell’incuria e del disinteresse.
Provate a passeggiate per i vicoli, fatevi un giro.
Vedrete saracinesche abbassate, portoni sgangherati che celano interni invasi dalle erbacce, finestre cieche che fissano il vuoto, intonaci scrostati che rivelano la fragilità di una bellezza dimenticata.
Palazzine un tempo sontuose, piene di vita, oggi ridotti a scheletri silenziosi, testimoni muti di un declino inesorabile.
E quel profumo di storia di cui parlavamo? Si è trasformato in un acre odore di umidità e di abbandono.
I residenti, quelli rimasti, sono eroici custodi di un passato che rischia di svanire per sempre.
Anziani che si aggrappano alle loro case come naufraghi a un relitto, giovani che scelgono di emigrare altrove, stanchi di vivere in un limbo immobile. E chi li biasima.
Chi vorrebbe costruire il proprio futuro in un luogo dove il tempo sembra essersi fermato, dove le promesse di riqualificazione sono puntualmente disattese?
E la politica? Ah, la politica nissena.
Un teatrino che ripente stancamente proclami roboanti e promesse da marinaio.
Ogni campagna elettorale è un’antologia di buone intenzioni per il rilancio del centro storico.
Poi, una volta conquistata la poltrona, cala il silenzio e ci si dimentica delle promesse.
I progetti rimangono impolverati nei cassetti, i finanziamenti evaporano come neve al sole, e l’agonia continua.
Ma non è solo una questione di soldi.
È una questione di visione, di volontà politica, di amore per la propria città, quello sbandierato ma mai dimostrato.
Altre realtà sono riuscite a rivitalizzare i loro centri storici, trasformandoli in attrattori culturali e turistici, in luoghi vivi e vibranti.
A Caltanissetta, invece, sembra prevalere una rassegnazione fatalista, una pigrizia mentale che paralizza ogni tentativo di cambiamento.
E così, mentre il tempo scorre inesorabile, il cuore antico di Caltanissetta continua a sgretolarsi.
Un’occasione sprecata, una ferita aperta nel tessuto urbano, un monito silenzioso alla nostra incapacità di prenderci cura del nostro passato per costruire un futuro degno di questo nome.
Un vero peccato, un’onta che macchia la bellezza intrinseca di questa città.
E noi, spettatori inerti di questo lento disfacimento, non possiamo che assistere, con un amaro senso di sconfitta, al funerale silenzioso di un pezzo delle nostra storia.
Magari, un giorno, ci sveglieremo dal torpore. Ma sarà troppo tardi per piangere sul latte versato, o meglio, sulle pietre crollate. Ad Maiora
Le foto della Provvidenza, tipico esempio della “bellezza sfregiata”
