Il Primo Maggio a Caltanissetta ha il sapore agrodolce di una tradizione che fatica a conciliarsi con la realtà
Viale Regina Margherita si animerà stasera con musica e canti, quasi a voler esorcizzare un male silenzioso ma profondamente radicato, la mancanza di lavoro, quella spinta inarrestabile che costringe i giovani, e non solo, a lasciare la propria terra in cerca di un futuro migliore altrove.
Eppure, la festa si celebra, e lo si deve fare per chi ha un lavoro regolare, meno per lo ha irregolare, per chi riceve un giusto stipendio e meno per chi è sfruttato.
Si canterà con il profumo delle zolfare, ormai un lontano ricordo, si farà di non vedere le tante saracinesche abbassate delle tante attività di quel che fu l’anima pulsante commerciale della città, il centro storico, segno tangibile di un’economia e di una città che sta scomparendo.
Si canta, forse per non sentire il vuoto lasciato da chi ha dovuto fare la valigia, da chi ha visto i propri sogni infrangersi contro il muro dell’indifferenza e della mancanza di opportunità.
Sarà una celebrazione che va dalla sacrosanta necessità di onorare i diritti dei lavoratori, alla stridente consapevolezza che, per molti, quel diritto fondamentale, un’occupazione dignitosa nella propria città, è negato e rimane un sogno.
Mentre cantanti e bande cantano e suonano, la mente andrà verso quei tanti nisseni, che oggi festeggeranno il lavoro lontano da casa, dai propri cari, in una terra che non è la loro.
La festa sarà sicuramente un momento per dimenticare, almeno per qualche ora, le difficoltà quotidiane, ma sotto il sottile velo dei festeggiamenti rimane pur sempre la malinconia, la consapevolezza che questa gioia è momentanea, destinata a svanire con l’ultimo brano musicale, lasciando spazio al ritorno alla dura realtà della ricerca di un lavoro che spesso non c’è o quando c’è spesso è mal pagato.
E poi ci saranno loro, i politici, sicuramente presenti che tra sorrisi e selfie, racconteranno di una città viva, anche se per una sera.
Tanto per loro, il lavoro non è un miraggio, come anche i loro stipendi, aumentati e garantiti, che contrastano in modo stridente con le difficoltà economiche che affliggono una larga fetta della popolazione nissena.
È difficile non percepire questa distanza, un abisso tra chi celebra il lavoro come un diritto acquisito e chi, invece, lo insegue come un’illusione, costretto a emigrare per costruirsi una vita.
Questa Festa del Lavoro a Caltanissetta diventa così una sorta di paradosso, un ballo amaro tra la gioia momentanea di un giorno di festa e la tristezza di una città che vede i suoi figli partire, portando con sé talento e speranze, andando ad arricchire zone già ricche e impoverendo sempre più la nostra.
Come dimenticare il “pesce d’aprile” che che ci fecero illudendoci che il Policlinico si sarebbe fatto a Caltanissetta, incrementando contemporaneamente l’Università, con conseguente rinascita della città, cosa che solo loro potevano fare…..infatti, lo abbiamo visto.
Università e Sanità, non ci stancheremo mai di dire che sono gli unici volani per rilanciare la città, mettendo in moto l’economia e creando nuove opportunità e posti di lavoro.
Riguardo al Policlinico adesso ci dicono che ci vorrà del tempo, mentre dal palco era cosa già fatta, mentre per l’Università attendiamo ormai da un anno la nomina del nuovo presidente del Consorzio, perdendo di conseguenza la possibilità di vederla crescere e creare altri servizi, ad esempio la mensa.
Sono silenzi che risuonano più forte della musica proveniente dal palco, richiami che necessitano, oltre alle belle parole, un impegno concreto e duraturo per invertire la rotta, per fare in modo che un giorno si possa veramente festeggiare il lavoro, non come un ricordo o un’aspirazione lontana, ma come una realtà tangibile per tutti i cittadini di Caltanissetta.
Chiusi i microfoni e spente le luci, rimangono le speranze e riprendono le partenze.
Per stasera godiamo il Concertone….. “domani è un altro giorno si vedrà”🎼🎼🎼
Buon 1 Maggio a tutti. Ad Maiora
