Nel 2025 spese militari al 2%, “fedeltà” all’Ucraina. Scintille con Renzi
Da «patriota» ribadisce che la difesa ha un prezzo, e che l’Italia manterrà nel 2025 l’impegno a raggiungere il target del 2% del Pil, nelle stesse ore in cui il Consiglio Atlantico confermava il nuovo target del 5% da concordare al vertice Nato di giugno.
Continua ad assicurare che si correrà «spediti» sulle riforme, a partire dal premierato, che è in realtà
fermo alla Camera da quasi un anno. E conferma, dopo giorni di dibattito piuttosto acceso, per quanto ancora lontano da entrare nel vivo, che per la legge elettorale lei sarebbe «favorevole» a reintrodurre le preferenze. Giorgia Meloni al question time al Senato – «dopo un anno e
mezzo» come le fanno notare le opposizioni con l’elenco delle cose «fatte» dall’esecutivo che hanno riportato «credibilità» all’Italia e una posizione, nella sua lettura, centrale anche in politica estera. «Non subalterna » ma «leale» all’America di Donald Trump. Sempre dalla parte dell’Ucraina
(afferma la premier nel giorno in cui viene dato il via libera all’undicesimo invio di armi a Kiev) e
a sostegno del piano dei Paesi arabi per la crisi in Medio Oriente e la ricostruzione di Gaza.
Nell’ora e mezza in Aula, Meloni difende l’azione del suo governo, riconosciuta «dai mercati, dagli investitori e dai risparmiatori».
Ricorda, citando spesso l’Istat e pure l’Upb, che i dati sono buoni pur in un contesto «complesso», che per le famiglie si inizia a registrare una ripresa del potere d’acquisto («timida», ammette)
e che il calo dello spread ha liberato «10 miliardi» che potranno essere investiti in «sanità, istruzione» e magari pure per allargare il sostegno ai redditi, oltre che alla sicurezza sul lavoro.
Punti su cui la premier apre al confronto, avvertendo che deve essere «nel merito, senza pregiudizi».
Nel corso di un dibattito per lo più piatto, si registrano le abituali frizioni con Matteo Renzi. Il leader di Italia viva la definisce «campionessa di incoerenza ». E lei prima ribatte di «non avere capito quale sia la domanda » visti i diversi temi posti dal senatore; poi tenta la stoccata: le dimissioni con una sconfitta al referendum le darebbe «anche volentieri
ma non farò mai niente che ha già fatto lei». La dialettica è accesa anche con il capogruppo del M5s Stefano Patuanelli, nonostante l’annuncio
dell’intenzione di semplificare Transizione 5.0 e l’ipotesi di inserirla assieme a Industria 4.0 (il piano lanciato dal governo Renzi) in una nuova revisione del Pnrr. «Una supercazzola », dice Patuanelli, mentre in tribuna assiste Giuseppe Conte, che poi attacca «Meloni è un ologramma o è staccata dalla realtà?».
Si consuma soprattutto sul tema dell’energia, nonostante la promessa di un «calo strutturale» dei costi per le imprese, lo scontro con il Pd, che accusa il governo di non esprimersi sul disaccoppiamento del prezzo di gas e luce. La diversificazione arriva «anche dal gnl americano: ora ditemi qual è la strategia, continuiamo o siccome ora hanno vinto i repubblicani riprendiamo il gas dalla Russia?», l’affondo della
presidente del Consiglio, che ad Avs chiarisce come l’acquisto dagli Usa «non sia un favore a Trump» ma una strategia di collaborazione «iniziata con Biden». Dalle opposizioni sono poi univoche le critiche alle parole sui centri in Albania. La premier annuncia che entro la settimana «sarà rimpatriato il 25% dei migranti» trattenuti nel Cpr, che sono stati però «solo 56» secondo il calcolo della dem Rachele Scarpa.
E poi rispolvera l’attacco ai giudici, a quei «Tribunali che pare stiano disponendo il ritrasferimento
in Italia» dei migranti anche se la richiesta di asilo è «manifestamente infondata».
