Silenzio della maggioranza sul nuovo scandalo. L’opposizione attacca. L’Antimafia regionale apre un’istruttoria
Il teatro di questa vicenda di appalti e presunte tangenti non è Agrigento, ma i palazzi della Regione
siciliana. Al di là della vicenda giudiziaria, quella che sta emergendo, nel silenzio imbarazzato della maggioranza, è un’enorme questione politica, tutta interna al governo di Renato Schifani.
La chiave di tutto è negli uffici di viale Campania, nei palazzi dell’assessorato all’Energia che gestisce
dossier delicatissimi, come quelli su acqua e rifiuti. E dove l’addio di Roberto Di Mauro non ha rappresentato una cesura, ma è avvenuto nel segno di una piena continuità politica e amministrativa. Una continuità che adesso potrebbe mettere in serio imbarazzo governatore e alleati.
Di Mauro è uno degli uomini più vicini a Raffaele Lombardo che aveva anche provato a scongiurare il
passo indietro, confermando la piena fiducia in un politico da sempre fedele al progetto autonomista, fino a diventarne uno dei big indiscussi.
È stato proprio Di Mauro ad accompagnare Francesco Colianni, con il quale il rapporto è forte e antico, da Renato Schifani, alla vigilia dell’avvicendamento di un mese e mezzo fa. Ma l’ex assessore non ha “venduto casa”. L’ha solo “affittata” al suo successore. E già arredata. Il
passaggio di testimone è avvenuto, infatti, con la contestuale conferma degli uomini nei ruoli chiave dello staff. Uno di questi, Giovanni Campagna, è tra gli indagati. Segretario particolare e storico collaboratore di Di Mauro, era stato confermato da Colianni nello stesso ruolo dal quale si è dimesso pochi giorni fa, quando il nome di Di Mauro era ancora coperto dagli “omissis”.
Da ieri, con l’apparizione dell’ex assessore nelle carte dell’inchiesta, è cambiato tutto.
E l’opposizione è andata all’attacco. Il capogruppo Pd all’Ars, Michele Catanzaro, ha espresso «dispiacere e amarezza per una vicenda grave», mentre il presidente della Commissione regionale
Antimafia e anticorruzione, Antonello Cracolici, ha annunciato l’apertura di un’indagine. Il deputato regionale di Controcorrente, Ismaele La Vardera, invece, ha chiamato in causa il presidente Schifani: «Non ha detto una parola».
In effetti, sulla maggioranza è calato il silenzio. Eppure, sull’appalto al centro delle indagini della Procura, quello per la rete idrica di Agrigento,
erano stati in tanti a mettere la faccia, a cominciare dal governatore che si era recato personalmente
in via Demetra, per il taglio del nastro. Insieme a lui e a Di Mauro, tra gli altri, anche l’assessora al Territorio, Giusi Savarino, il sindaco Francesco Micciché, e una delegazione di deputati regionali del territorio. Tutti ritratti in una foto celebrativa e tutti ovviamente estranei all’inchiesta, ma lì a brindare a un’opera su cui sono calate ombre scurissime.
Anche sull’effettiva capacità di portare a termine i lavori. I pm parlano infatti di “offerta economica con ribasso di oltre il 30%, inidonea ad assicurare la concreta esecuzione” e di un consorzio vincitore che non avrebbe avuto “i requisiti economici e di organizzazione aziendale” necessari.
Una questione che riguarda la gestione dell’assessorato, come scrivono i pm. Quindi il governo regionale.
Di sicuro, la vicenda Di Mauro è un duro colpo al lombardismo. E nemmeno il primo, di questo 2025 sfortunato per l’ex governatore. Di Mauro era stato appena nominato capogruppo all’Ars in sostituzione di Giuseppe Castiglione, arrestato e oggi ai domiciliari con l’accusa di voto di scambio politico-mafioso. Al posto di quest’ultimo, all’Ars è arrivato Alessandro Porto, eletto con l’Mpa, ma passato al Misto. Mentre Salvo Giuffrida (Dc) ha tolto nuovamente lo scranno a Santo Primavera del Misto, ma per molti vicino a Lombardo. Due deputati in meno, un indagato in più. E una forza contrattuale che cala, anche nei confronti
degli alleati. Che fanno finta di niente. Come se il caso di Agrigento fosse solo agrigentino. Come se la Regione non c’entrasse nulla.
Da laRepubblicaPalermo di Accursio Sabella
