Tra le macerie di Gaza si continua a morire nel caos dei raid e dei combattimenti.
Almeno 51 le vittime nell’ultima giornata, incluse dodici persone che erano andate in cerca di cibo, hanno denunciato le autorità controllate da Hamas.
E con la popolazione civile sempre più stremata, si moltiplicano gli sforzi della comunità internazionale per far arrivare beni umanitari nella Striscia con ogni mezzo, anche dal cielo: un’operazione a cui ha iniziato a collaborare anche l’Italia.
A soffrire sono anche gli ostaggi, una ventina quelli ritenuti ancora vivi.
L’inviato Usa Steve Witkoff ha incontrato i familiari, che sono rimasti ulteriormente turbati da un video shock diffuso da Hamas: il giovane Evyatar David ridotto a uno scheletro sotto un tunnel, in un cupo parallelismo con i gazawi che muoiono di fame.
Con le trattative sulla tregua impantanate da settimane, la scarsità di cibo si conferma la minaccia più grande oltre ai proiettili per la popolazione, ha avvertito l’Integrated Food Security Phase Classification, un gruppo di esperti delle Nazioni Unite e di altri organismi.
A farne le spese sono soprattutto i bambini. Sono 320mila a rischio di malnutrizione, ha avvertito
l’Unicef, che ha anche aggiornato il drammatico conteggio delle vittime in questi 22 mesi di guerra: “Oltre 18.000 quelli uccisi, una media di 28 giorno, l’equivalente di una classe”.
Sul fronte degli aiuti, la crescente pressione internazionale ha spinto il governo Netanyahu a favorire un maggiore afflusso di beni umanitari.
Nelle ultime ore, 90 pacchi sono stati paracadutati da cinque Paesi: Emirati Arabi, Giordania, Egitto, Francia e Germania.
Anche l’Italia è diventata parte di questa iniziativa, grazie all’azione dei ministeri degli Esteri e della
Difesa ed ai contatti degli ultimi giorni tra Giorgia Meloni e il presidente degli Emirati Mohamed bin Zayed Al Nahyan. Roma continuerà a partecipare a queste operazioni anche nei prossimi giorni in raccordo con i partner.
Nel frattempo, grazie al lavoro dell’ambasciata a Tel Aviv, sono stati sbloccati i beni umanitari che si trovavano nel porto di Astol, come tende e alimenti per animali, ha reso noto il ministro Antonio Tajani.
Berlino ha riconosciuto il limitato miglioramento delle consegne a Gaza, ma ha avvertito che è ancora “insufficiente”. Il governo tedesco, che nei giorni scorsi ha abbandonato la tradizionale cautela invocando l’inizio di una trattativa per la nascita di uno Stato palestinese, si è riunito per
valutare nuove forme di pressione su Israele: tra le opzioni, anche un parziale stop alla vendita di armi.
Gli Stati Uniti fanno una valutazione diversa della situazione umanitaria a Gaza. “C’è scarsità di cibo, ma non c’è fame”, ha assicurato l’inviato Steve Witkoff, che dopo aver visitato i centri di distribuzione ha incontrato i familiari degli ostaggi israeliani a Tel Aviv.
L’emissario di Donald Trump ha ammesso che le trattative sono “complicate” e ha confermato la linea della Casa Bianca: bisogna trovare un accordo complessivo, e non parziale, che porti alla fine della guerra e al ritorno di tutti i rapiti a casa.
Appello a cui Hamas ha replicato con il suo solito mantra: “Non deporremo le armi finché l’occupazione non terminerà”.
Benyamin Netanyahu non ha ancora deciso come procedere, ma secondo fonti interne ci sono due opzioni: accerchiare Gaza City e altri centri abitati, oppure occupare la città.
La fazione palestinese nel frattempo ha diffuso un nuovo video di propaganda con uno degli ostaggi ancora vivi, Evyatar David. A colpire è la crudezza del montaggio: alle immagini del giovane, molto magro, e che fatica a stare in piedi, si alternano quelle di palestinesi malnutriti.
Gli ostaggi “mangiano e bevono quello che mangiamo e beviamo noi”, si legge nel messaggio in sovraimpressione.
Ancora più macabro è il particolare di David che con una pala scava una fossa che potrebbe diventare la sua tomba. Disperati i familiari: “Siamo costretti ad assistere alla scena del nostro amato figlio e fratello che muore deliberatamente e cinicamente di fame”.
Da La Sicilia
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