Il dibattito sul Ponte sullo Stretto di Messina torna prepotentemente al centro della scena politica e mediatica, ma al di là delle promesse e delle polemiche, un’incognita cruciale continua a persistere: quanto costerà attraversarlo?
Le risposte, al momento, sono tutt’altro che univoche, oscillando tra cifre simboliche e scenari molto più onerosi.
Il Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Matteo Salvini, ha più volte ventilato l’ipotesi di un pedaggio “popolare”, parlando di una cifra inferiore ai 10 euro.
L’intenzione dichiarata è quella di rendere l’infrastruttura accessibile a tutti, incentivando l’uso per sveltire e migliorare il traffico tra Sicilia e Calabria.
Tuttavia, questa stima, sempre che non sia propagandistica, sebbene rassicurante, si scontra con la dura realtà dei numeri e dei costi.
Altre fonti e analisi di esperti, infatti, mettono in discussione la fattibilità di un prezzo così basso, parlando esplicitamente come un modo per farlo accettare anche agli scettici, che visto il risparmio con l’uso dei traghetti, si convincerebbero più facilmente.
Il costo dell’opera, stimato in 13,5 miliardi di euro, è una cifra enorme, e il pedaggio sarà uno degli strumenti principali per contribuire al suo ammortamento negli anni e alla copertura dei futuri costi di manutenzione, che per un’infrastruttura di tale grandezza non potranno che essere altrettanto enormi.
Molti analisti ritengono che il prezzo finale del pedaggio sarà probabilmente allineato, o comunque molto vicino, a quello dei traghetti attuali.
Un attraversamento in traghetto per un’automobile con passeggeri può costare oggi tra i 30 e i 40 euro e immaginare un pedaggio che si discosti radicalmente da questa cifra, a fronte dell’enorme investimento pubblico, appare a molti come un’ipotesi economicamente insostenibile o pura propaganda.
Ma il problema del prezzo non si esaurisce nella semplice convenienza per l’utente, che guarda esclusivamente alla sua tasca.
Il vero nodo della questione risiede nel rischio finanziario che l’opera comporta.
L’intero progetto si basa su una stima di 13,5 miliardi di euro di fondi pubblici, una cifra che potrebbe lievitare a causa di imprevisti tecnici, burocratici, legati all”inflazione o a tanti altri fattori, oggi non previsti.
In uno scenario in cui i costi dovessero superare le previsioni, o in cui il traffico generasse ricavi inferiori alle aspettative, lo Stato si troverebbe costretto a coprire la differenza, attingendo a risorse che potrebbero essere cruciali per altri settori.
Questa eventualità ha sollevato forti preoccupazioni in merito alla possibile sottrazione di fondi a servizi essenziali per i cittadini.
Il timore è che per finanziare un’opera di tale portata, che continua a dividere l’opinione pubblica sulla sua effettiva urgenza e utilità, si possano tagliare fondi a settori vitali come la sanità e il welfare.
Investimenti per il miglioramento degli ospedali, l’assunzione di personale medico, l’assistenza agli anziani e il sostegno alle famiglie in difficoltà potrebbero essere messi in secondo piano per sostenere un progetto infrastrutturale faraonico.
Il costo dell’attraversamento non sarà solo una cifra da pagare al casello, ma il riflesso di una scelta politica che andrà a incidere sul futuro del bilancio e dei servizi pubblici del Paese.
Concentrarsi unicamente sulla potenziale convenienza di un pedaggio “popolare” rischia di farci perdere di vista l’enorme spesa pubblica di 13,5 miliardi di euro.
Quello che a un primo sguardo potrebbe apparire come un vantaggio immediato per il cittadino, ovvero un attraversamento a basso costo, potrebbe alla fine tradursi in una rinuncia a investimenti essenziali per il welfare e la sanità.
In questo scenario, ciò che sembra un guadagno sul breve termine si rivela, sul lungo periodo, un costo molto più alto per la collettività.
In conclusione, se il Ponte sullo Stretto di Messina rappresenta per molti un’opportunità di sviluppo e un sogno di unificazione, il dibattito sul prezzo del pedaggio e sui costi complessivi dell’opera ci ricorda un’antica verità.
Spesso, guardare il dito e non la luna può trarre in inganno. Ad Maiora
