Il 3 settembre 1982, a Palermo, ha avuto luogo un agguato mafioso nei confronti del generale Carlo Alberto dalla Chiesa, Prefetto del capoluogo siciliano da appena 100 giorni.
Insieme a lui, vengono uccisi anche la moglie, Emanuela Setti Carraro, e l’agente di scorta Domenico Russo.
Un triplice omicidio che sconvolge il Paese e segna una delle pagine più nere della lotta alla mafia.
Dalla Chiesa era diventato simbolo della resistenza dello Stato contro le organizzazioni criminali. Già noto per il suo ruolo decisivo nella lotta contro il terrorismo, in particolare contro le Brigate Rosse, era stato inviato a Palermo per contrastare Cosa Nostra nel momento più feroce della seconda guerra di mafia, orchestrata da Totò Riina e dal clan dei Corleonesi.
Però quando Dalla Chiesa arrivò in Sicilia non aveva i poteri speciali che gli erano stati assicurati.
Alle 21.15 di quella sera, in via Carini, un commando mafioso aprì il fuoco sull’auto di dalla Chiesa. Quel delitto contribuì a rafforzare la pressione pubblica affinché lo Stato reagisse con maggiore decisione.
Ancora oggi, il sacrificio di Carlo Alberto dalla Chiesa resta un monito contro l’indifferenza e la complicità. La sua figura rappresenta il coraggio, il senso dello Stato, l’integrità morale di chi ha scelto di non voltarsi dall’altra parte.
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