Dieci mesi di attesa, incertezze e dignità calpestata
Il riunirsi sotto le loro case, insieme ad amici e numerosi appartenenti al gruppo territoriale cittadino del M5S, non è stato certo piacevole, non era per festeggiare il loro prossimo rientro nelle proprie abitazioni, ma piuttosto per un triste ed estenuante conteggio dei giorni che passano inesorabilmente per le quattordici famiglie sfollate di Via Redentore, che portano nel cuore il peso di quel 10 dicembre 2024, giorno in cui sono state “sfollate”.

Anche ieri sera, come era già successo il 13 aprile scorso durante la processione del Gesù Nazareno, si sono riuniti in silenzio davanti a quelle che un tempo erano le loro abitazioni.

Un gesto disperato, una presenza silenziosa ma carica di indignazione, con la speranza di catturare almeno lo sguardo e l’attenzione della classe politica locale che, come denunciato dai residenti, continua a mostrare una preoccupante e deliberata cecità.
La speranza di sensibilizzare l’amministrazione e i rappresentanti istituzionali si è infranta ancora una volta contro un muro di indifferenza “sfacciata”.
“Neanche uno sguardo, teste basse o girate dall’altra parte”, è il commento amaro di un residente, che ferisce ancor di più chi ha cercato di farsi vedere e riconoscere durante la processione.
Nessun cenno, nessun saluto, solo un vuoto assoluto, neanche quello della vice presidente del consiglio del M5S, cosa che lascia molto da pensare..


L’ennesima delusione si legge nei loro volti, ma è l’indignazione a prevalere, espressa chiaramente nelle parole degli sfollati: “Siamo rispettosi di San Michele e della processione, ma non delle sfilate politiche, che ci ignorano ancora una volta.”
L’unico e solo, tra i tanti rappresentanti politici a rivolgere loro un saluto, il consigliere Di Dio, ex cinque stelle passato poi in Forza Italia, un gesto apprezzato dai presenti.

Il loro dramma è autentico e insostenibile: “Dieci mesi fuori casa, è davvero insopportabile”, ribadiscono con determinazione, mentre la politica locale sembra più interessata a “ignorarli”.
A questa sofferenza si aggiunge la beffa economica e burocratica, resa ancora più amara dall’immobilismo delle istituzioni.
Le famiglie non solo devono affrontare le spese di un affitto per una seconda abitazione, ma in molti casi continuano a pagare anche il mutuo della casa da cui sono stati sfrattati, oltre alle varie tasse comunali.

“Stiamo aspettando notizie”, dichiarano.
Raccontano che sono in attesa di una decisione su quando e se potranno tornare, adesso che anche i fessurimetri elettronici sono stati collocati.
Per cercare di sbloccare la situazione, i residenti hanno persino pagato di tasca propria per una perizia tecnica, 4.500,00 euro solo per la ditta che ha effettuaro gli scavi, i tecnici non hanno voluto un centesimo, soldi che non avrebbero dovuto e potuto affrontare, ma è un documento importante ma che ora giace in attesa di essere esaminato ed è “al vaglio di chi deve decidere, speriamo presto”.
“La comunicazione con il Comune è ferma, o meglio, inesistente” aggiungono. “Dal comune non ci fanno sapere nulla e ora non ci hanno neanche degnato di uno sguardo o un accenno di saluto” affermano con rabbia.
Una residente, visibilmente arrabbiata e commossa, sottolinea il cinismo della situazione: “Il comune recupererà le somme anticipate nei primi mesi, mentre noi continuiamo a pagare tutto”.
Un grido silenziono e rispettoso, l’ennesimo, contro una situazione di ingiustizia sociale che salta agli occhi, dove 14 famiglie sono private del loro diritto fondamentale all’abitazione, mentre la classe dirigente continua a rimanere ostinatamente sorda e cieca di fronte al loro dramma.
L’appello finale, carico di disperazione e di una fede messa a dura prova, risuona come una triste constatazione del tradimento subito: “Preghiamo San Michele, non ci resta nient’altro da fare”.
Di fronte al silenzio e all’indifferenza della politica, l’unica speranza sembra riposta nel divino.
“E gridammu tutti, W lu Principe San Michele Arcangelo”.

Ad Maiora
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