La nuova richiesta della Procura di Palermo scuote la sanità siciliana, ipotizzando, secondo le prime indiscrezioni, nell’ambito di una maxi indagine su un presunto sistema di appalti truccati, corruzione e associazione a delinquere.
L’indagine, che emerge come un ulteriore capitolo della saga di inchieste sugli appalti truccati in sanità, è stata condotta da Ros dei Carabinieri ha portato alla richiesta di numerose richieste di misure cautelari per diversi indagati, tra i quali anche nomi di spicco.
La richiesta della Procura di Palermo, come ogni inchiesta, è per ora solo un’ipotesi accusatoria. Si dovrà attendere l’esito delle indagini e l’eventuale processo per capire se le accuse si riveleranno fondate o se il tutto si sgonfierà come un “castello di carta”.
Il fatto, però, è che in Sicilia lo stupore ha da tempo lasciato il posto alla rassegnazione.
Troppi gli indagati, troppi gli scandali per non porsi una domanda amara, ma dov’è finita l’indignazione di chi dovrebbe rappresentare l’onestà?
Ad indignarsi non dovrebbero essere solo i cittadini onesti, vittime della mancanza di servizi essenziali in nome di manovre per favorire “qualcuno”, a farsi sentire per primi dovrebbero essere proprio gli esponenti di quei partiti che si ritengono onesti e corretti, ma che ne fanno parte.
Come si fa a restarci dentro? La logica della “fiducia nella giustizia”, che in queste ore è la frase ricorrente, non basta più quando gli episodi diventano una costante con la facilità con cui esponenti politici, anche condannati per fatti gravi, riescono a tornare in auge e a raccogliere consensi.
Ciò pone un serio interrogativo sui principi di legalità e onestà che si vogliono trasmettere ai propri elettori ma anche e soprattutto ai propri figli.
Se l’inchiesta dovesse confermare la gravità dei fatti, ci si augura che chi si considera onesto all’interno di questi schieramenti trovi il coraggio di prendere le distanze in modo netto e definitivo.
L’onestà personale non può coesistere con le “molte ombre”.
Se la politica non si ravvede, l’ultima parola spetta allora agli elettori, perché essere “brave persone” non basta se si continua a far parte di partiti che, tra scandali e condanne varie, dimostrano di non esserlo.
Il voto è l’unico strumento per imporre una riflessione seria e, dopo questo ennesimo scandalo, forse è anche venuto il momento di dare un segnale, a partire dalle amministrazioni locali.
La rinascita di una città e di una regione passa necessariamente da politici che non siano solo oneste nei singoli, ma che non facciano parte di un sistema fatto di connivenze e illegalità. Ad Maiora
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