Nicola Gratteri, classe 58, magistrato e saggista italiano, dal 13 settembre 2023 Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli. “Una dura realtà quotidiana in cui conta più l’apparire che l’essere”…Uno stile di vita in cui il popolo preferisce prendere d’esempio il furbo, che siede ai grandi tavoli di potere, insieme a professionisti, aristocratici e, come dimostrano le inchieste, anche a mafiosi...“
Queste “dura realtà quotidiana” è presente anche nella nostra realtà locale, dove spesso per alcuni conta più l’apparire che l’essere, dove ci si inchina al potente di turno, dove si fa finta di non vedere o sapere, dove si tace per non dispiacere a chi un domani può tonare utile.
Erasmo da Rotterdam disse una volta:
“Meno talento hanno, più orgoglio, vanità e arroganza mostrano. Ma la stoltezza non cammina mai da sola: trova sempre altri stolti disposti ad applaudirla. Perché in questo mondo, molti preferiscono il rumore delle vuote adulazione al peso scomodo della verità.”
“Meno talento hanno”, inteso come capacità di crescere e arrivare a certi livelli, grazie solo alle proprie capacità, e maggiore sarà l’inclinazione a compiacere in modo incondizionato al volere di chi ha potere, non solo politico, sperando e pensando di poterne ricavare un qualche vantaggio, disposti anche a perdere dignità e libertà.
Chi ha “talento” non ha bisogno di “spintarelle”, incontrerà sicuramente maggiori difficoltà, ma alla fine prevarranno capacità e competenza e chi gli passerà davanti, grazie a qualche “spintone”, primo o poi cadrà e verrà giudicato per quel che realmente è.
Ecco allora che i meno “talentuosi” o gli arrivisti, costi quel che costi, scendono a compromessi, che nella vita ci sono sempre, chiunque ne ha accettato nella vita, ma dipende da cosa si è disposti a cedere.
Quando si va oltre certi limiti il compromesso non è una modo per “andare avanti”, diventa “Servilismo”, piccola parola che sembra delle volte essere pronunciata in maniera leggera o esagerata, ma che a ben guardare coloro che scendono a questo livello, è una parola che pesa tanto, perchè queste persone cedono non solo la loro autonomia intellettuale, cioè il poter di avere un’opinione propria e poterla esprimere, come anche seguire i principi in cui si crede perché lo si vuole, non perché viene richiesto, queste persone si privano della libertà di pensiero, di parola, di azione, di critica, perdendo spesso dignità e rendendosi delle volte anche pietosamente ridicole, quando aprono bocca o scrivono.
Ma certi comportamenti erano ammissibili in una società dove vi erano enormi squilibri sociali, oggi, per qualcuno, lo sono per scelta, in alcuni casi, per indole innata.
Il “servo” pur di raggiungere o mantenere il posto di rilievo o l’incarico ricevuto immeritatamente, è anche disposto a rischiare di suo con azioni non proprio del tutto “corrette”, ma che deve compiere per non essere messo da parte da chi lo ha messo lì e che in caso di disgrazia lo molla in un attimo.
Ciò lo pone in una condizione di totale sottomissione e, come ci ricorda con precisione il dizionario di Tullio De Mauro, “verso cui tiene comportamenti e atteggiamenti servili, ossequiosi e talvolta vilmente opportunisti”.
Se la schiavitù viene universalmente condannata, il servilismo invece, oltre ad essere, ahimè, molto diffuso nella società attuale, tollerato e giustificato con il “saper vivere”, per alcuni è addirittura un vero e proprio stile di vita, sempre disposti a compiacere e in modo incondizionato i desideri e il volere di chi ha fascino, autorità e potere, nella speranza di poterne ricavare un tornaconto, che solitamente non arriva o se arriva è qualche lenticchia, neanche sufficiente per Capodanno.
“Cambiare idea è sinonimo di intelligenza”, ma non solo, è anche un atto di coraggio e di umiltà intellettuale, è una capacità di saper riconoscere il potenziale di una nuova idea o di una persona, farla propria e portarla avanti.
Questa affermazione è giustissima, ma certe persone sono pronti a cambiare idea e “cavallo”, non per convincimento, ma solo per abbracciare e compiacere il nuovo che avanza, pensandola e andando ovunque vada “il nuovo”, plaudendo qualsiasi cosa faccia, tacendo invece quando non fa cose “buone e giuste“.
Dimenticano però un piccolo particolare, molte città, come la nostra, sono piccole e, nel bene bene o nel male, ci si conosce un po’ tutti, di conseguenza certi atteggiamenti/cambiamenti saltano facilmente agli occhi, ma spesso non si evidenziano o non si risponde, perchè non li si vuol mortificare più di quanto già facciano da soli con evidenti contraddizioni, dettate solo da opportunismo e da certi vantaggi ottenuti.
Avessero almeno la dignità di tacere, evitando spavaldamente di vantarsene, ma se parlano o scrivono non fanno che mostrare a tutti il loro “servilismo”, ma probabilmente lo fanno solo per aggiungere qualche altra lenticchia aspettando di riempire il proprio piatto per la fine dell’anno.
Cosa più grave è che spesso alle spalle dicono cose ben diverse da quello che manifestano pubblicamente, e con ciò, oltre al manifestato servilismo, lo arricchisce dall’essere “Double Face”, completando il quadro della propria personalità e del proprio essere.
Cosa c’è di più bello che il potersi guardare serenamente allo specchio con la serenità di chi sa di non essere “servo”, che mai nessuno lo potrà “ricattare”, come anche l’andare a dormire sereni, senza il timore che qualcuno all’alba lo butti giù dal letto, magari per essersi “prestato” ad azioni impostegli.
“Meglio poveri ma ricchi”…si meglio poveri, economicamente parlando, ma ricchi di dignità e libertà, che molti hanno perso perchè si sono “svenduti” pur di raggiungere traguardi che da soli, mai avrebbero mai tagliato.
Che poi, le lenticchie costano pure poco e il cucinarle non è poi così difficile, ma molti anche questo non riescono a farlo.
Ad Maiora
