A Reggio la messa di don Cannizzaro assolto in un processo di ’ndrangheta. Tajani ancora contro i pm
“Basta cultura della legalità che tanto danno ha fatto”.
È polemica sull’omelia pronunciata ieri da don Nuccio Cannizzaro, prete processato e poi assolto con l’accusa di aver coperto un boss di ‘ndrangheta con una dichiarazione falsa, nell’ultimo giorno della kermesse di Forza Italia a Reggio Calabria.
Parole che sono suonate stonate anche alle orecchie di chi ha spesso polemizzato in questi anni con le toghe. Sul passaggio “Gesù è stato il primo ad andare contro la rigida legge ebraica, bisogna ripristinare l’immunità parlamentare, il potere scelto con il voto dagli italiani deve avere la supremazia”, più di qualcuno, a partire dal vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani — raccontano i presenti — è saltato sulla sedia.
In sala è sceso il gelo anche quando il prete ha tuonato: “La politica deve prevalere sugli altri poteri”.
Un passaggio che sembra abbia irritato il governatore uscente Roberto Occhiuto, dimessosi dopo l’inchiesta per corruzione che lo ha travolto, ma sempre attento, specie in questi giorni, a non prendersela con i pm, ma “con gli odiatori” che strumentalizzano le loro indagini.
Di giustizia si è parlato anche a messa finita e di certo non sono mancate le bordate rivolte contro la magistratura.
A partire dal leader Tajani, che si trincera dietro la separazione dei poteri, promette che con la riforma della giustizia “i tempi dei processi saranno più rapidi” e mai i pm saranno legati al governo, ma subito specifica: “I magistrati non devono fare i legislatori e svolgere un ruolo di governo”, per poi scagliarsi contro “lo strapotere di chi non è stato eletto”.
È il preludio degli attacchi più netti contro le toghe, a partire da quelle europee che hanno affondato le ultime speranze di restituire operatività ai centri albanesi.
Se la valutazione finale sui Paesi sicuri, come ha chiarito la Corte di giustizia Ue, spetta ai magistrati, allora, dice Tajani, “mettiamo un magistrato al posto del ministro degli esteri, fa tutto lui e chiudiamo i ministeri perché decidono loro”.
Cambierà tutto, ripetono gli oratori, con le riforme costituzionali.
“Lanciamo la chiamata alle armi totale”, tuona il viceministro della Giustizia Francesco Paolo Sisto, mentre il presidente dei deputati di FI Paolo Barelli auspica anche una riforma della custodia cautelare che eviti “quell’automatismo che, nel caso di alcuni amministratori locali, ha portato
alle dimissioni preventive di chi è stato eletto”.
Un riferimento a Occhiuto? Prudentemente, lui glissa, promette vittoria e evoca radici.
“Il mio è stato il gesto coraggioso di chi ha imparato la lezione di Silvio Berlusconi, che ha sempre cercato la propria legittimazione negli elettori”.
E per primo ha inaugurato la guerra con le toghe. Ma questo il governatore dimissionario non lo dice.
Fonte laRepubblica
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