Con “il passaggio alle nuove misure contro la povertà, Assegno di inclusione e Supporto alla Formazione e al lavoro (che tra il 2023 e il 2024 hanno sostituito il Reddito di Cittadinanza)” sono rimasti “senza supporto 331.000 nuclei”
La povertà assoluta in Italia interessa quasi 5,7 milioni di persone, quasi un decimo della popolazione. Dall’analisi dei dati emerge che il lavoro povero e intermittente dilaga, con salari bassi e contratti atipici che impediscono una vita dignitosa. I giovani e le famiglie con figli sono le fasce più vulnerabili. Il disagio abitativo rappresenta un’emergenza, con famiglie senza casa o in condizioni abitative inadeguate. L’accesso all’istruzione e alle nuove tecnologie diventa un miraggio” per molti “alimentando le disuguaglianze”. È la fotografia scattata dal Rapporto 2024 su Povertà ed esclusione sociale di Caritas italiana.
“Il dato – si legge nel Rapporto pubblicato in vista della Giornata mondiale dei Poveri istituita da papa Francesco – in leggero aumento rispetto al 2022 su base familiare e stabile sul piano individuale, risulta ancora il più alto della serie storica, non accennando a diminuire. Se si guarda infatti ai dati in un’ottica longitudinale, dal 2014 ad oggi la crescita è stata quasi ininterrotta, raggiungendo picchi eccezionali dopo la pandemia, passando dal 6,9% al 9,7% sul piano individuale e dal 6,2% all’8,4% sul piano familiare“.
“Dal 2014 al 2023 il numero di famiglie povere residenti al Nord emerge anche è praticamente raddoppiato, passando da 506mila nuclei a quasi un milione (+97,2%); se si guarda al resto del Paese la crescita è stata molto più contenuta, +28,6% nelle aree del Centro e +12,1% in quelle del Mezzogiorno (il dato nazionale è di +42,8%). Oggi in Italia il numero delle famiglie povere delle regioni del Nord supera quello di Sud e Isole complessivamente. L’incidenza percentuale continua a essere ancora più pronunciata nel Mezzogiorno (12,0% a fronte dell’8,9% del Nord), anche se la distanza appare molto assottigliata; nove anni fa la quota di poveri nelle aree del Meridione era più che doppia rispetto al Nord: 9,6% contro il 4,2%”.
“In Italia più che nel resto d’Europa – rileva quindi il Rapporto – le difficoltà economiche sembrano destinate a perpetuarsi di generazione in generazione. Chi è cresciuto in famiglie svantaggiate tende a trovarsi, da adulto, in condizioni finanziarie precarie. Un circolo vizioso che colpisce il 20% degli adulti europei tra i 25 e i 59 anni che, a 14 anni, vivevano in una situazione economica difficile. In Italia, il dato sale al 34%, segno di un’eredità che pesa sul futuro. Valori più alti di povertà ereditaria si raggiungono solo in Romania e Bulgaria (Eurostat)”.
Sono 331mila i nuclei esodati dal Reddito di cittadinanza
“Il passaggio alle nuove misure contro la povertà, Assegno di inclusione e Supporto alla Formazione e al lavoro (che tra il 2023 e il 2024 hanno sostituito il Reddito di Cittadinanza), segna un cambiamento profondo nell’approccio alla povertà: con queste misure, il diritto a ricevere sostegno non è più garantito ‘solo’ in base alla condizione di povertà. Ora l’Adi (ad oggi percepito da 697.640 famiglie) è destinato solamente a nuclei familiari con persone non occupabili, come minori e disabili, mentre il Sfl è riservato a chi è ritenuto occupabile e richiede percorsi formativi per il reinserimento lavorativo. Questa distinzione – si legge – ha ridotto della metà il numero di famiglie raggiunte rispetto al RdC, lasciando senza supporto 331.000 nuclei, molti dei quali sono residenti al Nord, vivono in affitto o sono nuclei monocomponenti, categorie escluse per via dei nuovi criteri in vigore”.
A questo proposito, il Rapporto parla di nuclei “esodati” dal Rdc, “di questi, il 57% non ha presentato domanda e il 43% ha visto la propria richiesta respinta”. Il Rapporto sottolinea poi “un iter poco amichevole per i più svantaggiati” e “i bassi numeri” del Supporto alla formazione e al lavoro poiché “pensato per il reinserimento lavorativo attraverso percorsi formativi, ha dimostrato un impatto ridotto, con poche persone coinvolte e percorsi di breve durata (mediamente 3-4 mesi), insufficienti a garantire un effettivo reinserimento nel mercato del lavoro”.
“Durante il passaggio dal RdC all’Adi, la Caritas ha svolto un ruolo fondamentale, supportando le famiglie rimaste senza aiuto e offrendo assistenza pratica e orientamento anche nei confronti delle barriere burocratiche e digitali”. Proprio per questo, si legge, “la Caritas suggerisce la necessità di migliorare la copertura per garantire il supporto ai poveri esclusi, riequilibrare gli importi per compensare le aree del paese in cui la povertà è in aumento (Centro e Nord), semplificare le procedure e ripristinare un sistema di supporto universale e continuativo per una maggiore equità nel contrasto alla povertà”.
“Allarme per casa, lavoro e minori poveri”
“Un altro nodo da richiamare è quello della povertà minorile, che da tempo sollecita e preoccupa. L’incidenza della povertà assoluta tra i minori oggi è ai massimi storici, pari al 13,8%: si tratta del valore più alto della serie ricostruita da Istat (era 13,4% nel 2022) e di tutte le altre fasce d’età. Lo svantaggio dei minori – si legge nel Rapporto – è da intendersi ormai come endemico nel nostro Paese visto che da oltre un decennio l’incidenza della povertà tende ad aumentare proprio al diminuire dell’età: più si è giovani e più è probabile che si sperimentino condizioni di bisogno. Complessivamente si contano 1 milione 295mila bambini poveri: quasi un indigente su quattro è dunque un minore. Preoccupa poi il dato sull’intensità della povertà: i nuclei dove sono presenti bambini appaiono i più poveri dei poveri (avendo livelli di spesa molto inferiori alla soglia di povertà)”.
“Un altro elemento di allarme sociale che si coglie dagli ultimi dati Istat rilasciati lo scorso 17 ottobre – rileva il Rapporto -, riguarda i lavoratori: continua infatti a crescere in modo preoccupante la povertà tra coloro che possiedono un impiego. Complessivamente tocca l’8% degli occupati (era il 7,7% nel 2022) anche se esistono marcate differenze in base alla categoria di lavoratori; se si ha una posizione da dirigente, quadro o impiegato l’incidenza scende al 2,8%, mentre balza al 16,5% se si svolge un lavoro da operaio o assimilato (dal 14,7% del 2022). Quest’ultimo in particolare è un dato che spaventa, segno emblematico di una debolezza del lavoro che smette di essere fattore di tutela e di protezione sociale”.
“Nell’assenza di un piano nazionale di rilancio delle politiche abitative – spiega quindi il Dossier -, il disagio attorno alla dimensione casa continua a permanere ad alti livelli. In Italia un milione e mezzo di famiglie vive in abitazioni sovraffollate, poco luminose e senza servizi. Il 5 per cento dei nuclei fa fatica a pagare le rate del mutuo o l’affitto e le bollette. Di questi, la maggior parte non ha una casa di proprietà. Le sentenze di sfratto per morosità nel 2023 sono state 30.702 rispetto alle 33.522 del consuntivo 2022. Le sentenze per morosità restano la principale motivazione di sfratto: sul totale delle nuove sentenze, quelle per morosità sono pari al 78%. L’83% degli edifici residenziali è stato costruito prima del 1990 e il 57% risale a prima degli anni ’70.
Gli edifici in classe F e G sono più del 60%. Per adeguarsi alle direttive Ue serviranno investimenti tra gli 800 e i 1.000 miliardi di euro”.
“Presso i centri di Ascolto Caritas – fa sapere il Rapporto -, la dimensione abitativa risulta il terzo tra i problemi riportati, coinvolgendo il 22,7% dell’utenza in Italia. Tale percentuale aumenta al 27% se si considerano solo le persone straniere mentre si riduce al 17,6% se si osservano i nuclei con cittadinanza italiana, segnale di una costante discriminazione nell’accesso alla casa. Eppure, le risposte istituzionali diminuiscono: dal 2022, i due pilastri delle politiche abitative socioassistenziali (Fondo locazioni e Fondo morosità incolpevole), non sono stati più rifinanziati”.
Nel 2023 accompagnate 269.689 persone
“Le persone accompagnate nel 2023 dai servizi Caritas sono state 269.689. Dal 2015 a oggi – spiega il Rapporto – il loro numero è cresciuto del 41,6%. Le povertà croniche e intermittenti aumentano: dal 54,7% al 59%. Cresce il disagio psicologico e psichiatrico tra chi si rivolge alla Caritas: dal 2022 al 2023 il numero di persone affette da depressione o malattie mentali aumenta del 15,2%. Dietro i dati raccolti dalla Caritas ci sono volti, persone. Attraverso il Rapporto – afferma don Marco Pagniello, direttore di Caritas Italiana – non vogliamo offrire solo una fotografia della povertà in Italia, ma intendiamo rilanciare l’invito a guardare oltre le cifre per riconoscere l’umanità ferita che vibra dietro ogni numero”.
“Di fronte a questa emergenza”, continua don Pagniello, “Caritas Italiana sceglie di farsi portavoce di una risposta coraggiosa e profetica. Una rete di accoglienza e di sostegno si estende in maniera capillare sul territorio nazionale: centri di ascolto, mense, dormitori e case di accoglienza diventano avamposti di una Chiesa che si fa ‘casa di carità’, aperta a tutti, senza distinzioni. Ma non può essere questa l’unica risposta possibile. Il vangelo ci chiede di dare da mangiare agli affamati, da bere agli assetati, di vestire chi è nudo, visitare chi è in carcere, ma soprattutto di riconoscere nelle esistenze dei nostri fratelli più piccoli il profilo di Dio che ci chiede di guardare il mondo con gli occhi dei più poveri, di osare nuovi cammini e percorrere, accanto alle persone più fragili, strade inesplorate”.
“Perché ‘Fili d’erba nelle crepe, risposte di speranza’? – continua il direttore di Caritas – Perché la speranza è ‘un dono che ci permette di sognare non solo per noi stessi, ma per un mondo intero che attende di essere rigenerato dall’amore, che guida il nostro cammino, ci spinge ad ascoltare, incontrare e camminare insieme per costruire nuove opportunità per tutti. Sapendo che i cristiani in particolare, come ricordava don Tonino Bello, non possono limitarsi a sperare, ma appartiene a loro il compito di dare gambe e organizzare la speranza”.