Al già annunciato novembre poco piovoso, si aggiunge un dicembre in cui le precipitazioni previste difficilmente compenseranno i consumi d’acqua.
“Di questo passo, da gennaio i provvedimenti, potrebbero essere molto più severi” osservano i tecnici.
Lo spettro della situazione al limite che si vive nell’entroterra siciliano, coi razionamenti una volta a settimana e i silos nelle piazze, adesso fa veramente paura.
Perché per una classe dirigente costantemente impegnata nella costruzione del consenso per la prossima elezione, parlare dell’emergenza idrica è il più impopolare dei temi che si sono imposti nell’agenda politica siciliana.
Non basta parlare degli effetti dei cambiamenti climatici, che pure incidono sui livelli degli invasi ai minimi storici.
Le responsabilità amministrative sono tantissime, soltanto a guardare all’ultimo anno.
Era l’8 febbraio quando l’osservatorio regionale parlava per la prima volta in quest’anno di «stato di severità idrica alto». Sono trascorsi dieci mesi e siamo al punto che ben sappiamo.
Da allora l’Autorità di bacino esorta i sindaci ad adottare le ordinanze sulla base del vademecum stilato a marzo.
Poche regole per responsabilizzare i siciliani sul risparmio idrico: privilegiare la doccia al bagno, usare lavatrici e lavastoviglie a pieno carico, non lavare la propria auto con un getto d’acqua continuo, non usare l’acqua potabile per riempire vasche ornamentali o piscine private.
“La grave crisi che attraversiamo, scriveva l’Autorità di bacino già a marzo, ne impone il non utilizzo”.
Quale scelta più impopolare per un sindaco di vietare ai propri concittadini di riempire la piscina privata ?
Non è un caso che le ordinanze emesse siano state in meno di cento Comuni sui 391 siciliani.
Molte ordinanze che, ad esempio, molti comune del nord Italia avevano emesso già da tempo, vietando il lavaggio delle auto con getto diretto e consentendo soltanto di rimboccare le piscine già piene, pur non subendo danni della siccità, ma soltanto per provare a prevenire.
In Sicilia, invece,la maggioranza dei Comuni, entroterra incluso, non godeva di ordinanze specifiche sul risparmio idrico.
Ad onor del vero a Caltanissetta l’ordinanza è stata emanata, ma senza controlli specifici molti l’hanno praticamente ignorata, consumando sempre la stessa acqua, come se nulla stesse succedendo.
Non va diversamente guardando al governo regionale.
Mentre con la mano destra si impegnavano somme per i ristori agli agricoltori che raccoglievano soltanto spighe vuote, con la mano sinistra il governo si impegnava a garantire il perfetto
funzionamento della macchina turistica, in cui non è mai mancata l’acqua….neanche per pulire gli yacht.
D’altronde, si stima che l’intero comparto muova complessivamente sei miliardi e mezzo di euro l’anno.
E se la richiesta dello stato d’emergenza è stata recapitata al governo Meloni, al di qua dello Stretto si confida che dissalatori fissi o le unità mobili, poco più che soluzioni tampone, arrivino in tempo per la prossima estate.
Di tutte le scelte impopolari che la politica siciliana avrebbe potuto compiere per non restare travolta dall’emergenza idrica, non è rimasto che il bonus lavastoviglie: una misura immaginata proprio per risparmiare i consumi. E che suona come una beffa, adesso che di acqua ne è rimasta davvero poca.
Oggi a distanza di dieci mesi, molti comuni, Caltanissetta compresa, si affideranno ai pozzi, ai silos e alle autobotti, sperando che nel frattempo le piogge vengano in soccorso dei cittadini e della politica, che ha sicuramente gestito male il tutto, non avendo creduto a chi da mesi lanciava l’allarme, accusandoli al contrario di fare allarmismo e terrorismo e confidando che in autunno le piogge avrebbero sicuramente risolto il problema.
Ad Maiora