Il ministero della Giustizia sta cacciando gli autori delle inchieste sull’assalto al Congresso del 6 gennaio ‘21, dopo la vittoria di Joe Biden
Da laRepubblica di Paolo Mastrolilli
Da una parte, Trump invoca l’emergenza nazionale per schierare i soldati nelle città americane
e ristabilire l’ordine; dall’altra, caccia i procuratori che avevano indagato sull’assalto al Congresso lanciato dai suoi sostenitori il 6 gennaio del 2021, dopo aver graziato anche quelli che si erano macchiati di reati violenti.
Un’evidente contraddizione, che conferma l’uso politico e personale della giustizia fatto dal capo della Casa Bianca.
Un’inchiesta del New York Times ricostruisce la purga dei procuratori, che ha colpito almeno due dozzine di persone.
Come Michael Gordon, quarantasettenne padre di due figli, o Sara Levine, cacciati perché ritenuti non idonei ad applicare «l’agenda per cui il popolo americano ha eletto il presidente Trump». Come
se la legge, in uno stato di diritto, non fosse uguale per tutti e al di sopra della politica, ma soggetta ai
desideri di chi governa.
Dopo l’assalto al Congresso, il dipartimento alla Giustizia aveva costituito la “Capitol Seige Section”
per investigare e processare i colpevoli.
L’aveva affidata a Michelle Zamarin e poi a Greg Rosen, e molti procuratori da tutta l’America si erano offerti volontari per farne parte.
Tra le motivazioni citate da Rosen c’era il fatto di aver sentito il poliziotto Daniel Hodges che urlava sulla terrazza del Campidoglio mentre gli assalitori lo schiacciavano.
Le inchieste avevano portato a circa 1.600 condanne. Non processi politici, ma casi come quello di Mark Ponder, che aveva bastonato un poliziotto; o Benjamen Burlew, che aveva trascinato un agente tra i rivoltosi; o Richard Barnett, noto per la foto con i piedi sulla scrivania della Speaker Nancy Pelosi.
Poi però Trump è tornato alla Casa Bianca e il mondo si è rovesciato. I colpevoli condannati sono stati graziati, in quanto vittime di una “persecuzione politica”, mentre Ed Martin, che aveva partecipato alla protesta del 6 gennaio, è stato nominato procuratore di Washington per fare
piazza pulita degli avversari.
Così sono cominciare le lettere di licenziamento, che il portavoce della Casa Bianca Harrison Fields ha giustificato al Times così: «Era una cricca di sicofanti anti Trump, impegnati ad usare la legge contro di lui». Quindi questi provvedimenti servono a «sradicarli e ristabilire l’integrità del dipartimento».
Tutto questo accade mentre il capo della Casa Bianca, che non aveva ritenuto necessario intervenire per fermare l’assalto al Congresso, manda invece i soldati nelle città per riportare l’ordine.
Dopo Washington, la prossima rischia di essere Chicago, la città di Obama, dove il Pentagono
prepara piani con l’impiego di militari in servizio attivo.
L’obiettivo è attaccare il sindaco democratico Brandon Johnson, ma soprattutto il governatore dell’Illinois e probabile candidato presidenziale nel 2028 JB Pritzker, che ha risposto così:
«Trump vuole incutere timore nelle nostre comunità e destabilizzare gli attuali sforzi per la sicurezza pubblica, allo scopo di creare una giustificazione per abusare ulteriormente
del suo potere».
Da laRepubblica di Paolo Mastrolilli
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