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Caltanissetta 401 > News > Cronaca > Femminicidio di Giulia Cecchettin: Turetta condannato all’ergastolo
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Femminicidio di Giulia Cecchettin: Turetta condannato all’ergastolo

Last updated: 03/12/2024 19:23
By Redazione 107 Views 8 Min Read
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E’ergastolo per Filippo Turetta. Oltre al pagamento delle spese processuali e di custodia in carcere e all’interdizione perpetua dai pubblici uffici.

Lo hanno deciso i giudici della corte d’Assise di Venezia al termine di una camera di consiglio durata circa cinque ore. La giuria, presieduta dal togato Stefano Manduzio – affiancato dalla giudice a latere Francesca Zancan e da sei popolari -, ha accolto in pieno la richiesta di condanna formulata dalla procura e ha confermato le accuse per il ventiduenne ritenuto responsabile dell’omicidio dell’ex fidanzata Giulia Cecchettin, uccisa con 75 coltellate la sera dell’11 novembre 2023.

Testa bassa, e occhi chiusi, senza alcuna reazione apparente. Così Filippo Turetta  ha ascoltato la lettura della sentenza che l’ha condannato all’ergastolo. Impassibile, concentrato sul banco della giuria, Gino Cecchettin, che non ha distolto mai lo sguardo mentre il presidente del collegio Stefano Manduzio leggeva il verdetto.

La Corte d’Assise di Venezia ha condannato Filippo Turetta anche al risarcimento delle parti civili costituite nel processo a suo carico per il femminicidio della sua ex fidanzata, uccisa con 75 coltellate, l’11 novembre 2023. La Corte ha disposto un risarcimento con il pagamento di una provvisionale di 500mila euro per Gino Cecchettin, papà di Giulia Cecchettin, 100mila euro a Elena e Davide Cecchettin, sorella e fratello della vittima, 30mila euro ciascuno a Carla Gatta e Alessio Cecchettin, rispettivamente nonna e zio della 22enne. Le motivazioni saranno depositate entro 90 giorni.

L’iter fino alla sentenza

L’udienza, la quinta, prevedeva inizialmente le repliche del pubblico ministero, delle parti civili all’arringa della difesa e l’eventuale controreplica, che però non ci sono state. Il presidente Manduzio ha quindi dichiarato chiusa la fase dibattimentale per l’entrata in camera di consiglio. 

Filippo Turetta era presente in aula, così come il padre di Giulia, Gino Cecchettin. Stretta di mano tra l’avvocato Giovanni Caruso e Gino Cecchettin in aula. “La capisco umanamente ma il mio lavoro non è facile” ha poi detto Caruso a Carla Gatto, la nonna di Giulia. Nei giorni scorsi, Cecchettin aveva dichiarato che l’arringa di Caruso non era stata rispettosa della memoria della figlia. 

“Non sono per il perdono, non perdonerò mai chi ha ucciso mia nipote e non perdonerò mai chi fa del male alle donne”. Sono le parole di Andrea Camerotto, lo zio materno di Giulia Cecchettin, nelle ore che hanno preceduto la lettura della sentenza. “Ha detto che non se la sente di chiedere scusa nell’interrogatorio in aula, ma bisogna anche provarci a farlo. Ha ucciso con crudeltà, nel tragitto verso Fossò aveva modo di tornare indietro, non l’ha fatto ed è stato veramente crudele. Comunque Filippo per me non esiste, non ho niente da dirgli. Come ha detto mio cognato Gino, prima dell’omicidio di Giulia non eravamo coscienti della violenza sulle donne, si ‘assaporava’ la disgrazia e si girava la pagina del giornale. Ora bisogna farsi delle domande, sono contento che Gino abbia intrapreso la strada della Fondazione e lo sosterrò”.

Escluse le aggravanti

A sorpresa i giudici hanno escluso le aggravanti della crudeltà e dello stalking, resta in piedi solo l’aggravante della premeditazione oltre che il sequestro di persona e l’occultamento di cadavere. Il primo grado si chiude con il massimo della pena per lo studente che, di fronte a un nuovo rifiuto, ha deciso di impugnare un coltello e infierire.

Il pm Andrea Petroni, nella requisitoria, aveva già sottolineato come l’ergastolo nel nostro Paese non sia più tecnicamente un “fine pena mai”, perché vi sono istituti di lenimento della perpetuità della condanna, la semilibertà e la liberazione condizionale. Ma l’ergastolo, era stata la replica del legale di Turetta, Giovanni Caruso, è comunque un tributo che si paga “all’ideologia della pena vendicativa”. 

Nell’udienza del 26 novembre, il difensore aveva cercato di smontare i punti sui quali poggiano le aggravanti mosse a Turetta: la premeditazione- per Caruso, le liste delle cose da fare e il modus operandi di Turetta sarebbero stati prova della sua ‘indecisione’ rispetto alla volontà di uccidere – La crudeltà: quella di Filippo, ha sostenuto, sarebbe stata un’aggressione “da ‘corto circuito’, in preda ad una alterazione emotiva”. Gli atti persecutori, lo stalking: Giulia, ha sostenuto Caruso, era sì controllata continuamente dal ragazzo, ma ‘non aveva paura di Filippo, non cambiò le sue abitudini” nonostante l’atteggiamento ossessivo del giovane; “se avesse avuto paura non avrebbe accettato di uscire con lui quella sera”.   

Sull’altro piatto della bilancia, per la pubblica accusa Filippo “premeditò con crudeltà l’uccisione di Giulia”. Un assassinio “premeditato” – quindi punibile con l’ergastolo – non solo preordinato, su cui pesa soprattutto quella lista delle cose per uccidere (coltelli, scotch, badile, sacchi neri dell’immondizia, corda per legare caviglie, sotto e sopra ginocchia, calzino umido in bocca per non farla urlare) stilata da Turetta solo quattro giorni prima del fatto, il 7 novembre 2023. 

Un progetto nero dal quale poteva tirarsi indietro in qualsiasi momento, avendo “tutte le possibilità e gli strumenti culturali per scegliere”.   

Gino Cecchettin: “Abbiamo perso tutti come società”

“La giuria sì è pronunciata – ha detto Gino Cecchettin ai giornalisti dopo la lettura della sentenza. ”Ha comminato una pena, non entro nel merito, la rispetto, ma la battaglia contro la violenza continua, è una battaglia che dovremo fare come società. Bisognerà capire cos’è crudeltà e cosa stalking, ci sarà da dibattere. Domani si riparte coi messaggi di sempre, mi dedicherò alla Fondazione e continueremo nel nostro percorso con il comitato scientifico, cercando di salvare vite”.

Cecchettin ha poi aggiunto che “prima ero impassibile, perché avrei accettato qualsiasi verdetto, ma nel momento in cui è arrivato, l’essere qui tutti, significa aver perso una battaglia. Andrò avanti con il mio percorso, oggi era una tappa dovuta per rispettare le leggi che ci siamo dati come società civile. È una sentenza, giustizia posso dire che è stata fatta secondo le leggi vigenti. Il percorso sì fa su altri campi”, ha concluso. 

“La battaglia contro la violenza continua. E’ un percorso che va fatto come società, con la prevenzione. Mi dedicherò alla fondazione, andando avanti cercando di salvare altre vite. Non siamo qui per onorare la memoria di Giulia, ma per un percorso legale. Non è questa la sede. Oggi era una tappa dovuta per rispettare le leggi che ci siamo dati come società civile”, ha concluso.  

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