Mariam Abu Dagga è morta insieme a quattro colleghi colpita da un raid israeliano: “Voglio che tu tenga la testa alta, che studi, che tu sia brillante e distinto, e che diventi un uomo che vale, capace di affrontare la vita, amore mio”
“Ghaith, cuore e anima di tua madre, ti chiedo di non piangere per me, ma di pregare per me, così che io possa restare serena”. Inizia così la lettera-testamento scritta a suo figlio prima di morire dalla giornalista palestinese Mariam Abu Dagga, uccisa da un missile israeliano insieme ad altri quattro colleghi e diversi civili a Khan Younis.
“Voglio che tu tenga la testa alta, che studi, che tu sia brillante e distinto, e che diventi un uomo che vale, capace di affrontare la vita, amore mio — continua —. Non dimenticare che io facevo di tutto per renderti felice, a tuo agio e in pace, e che tutto ciò che ho fatto era per te. Quando crescerai, ti sposerai e avrai una figlia, chiamala Mariam come me“.
Mariam Abu Dagga era una giornalista freelance che collaborava con diverse testate internazionali, tra cui l’Associated Press. Che raccontava, da dentro la Striscia, quel che Israele non vuole che si veda. E che per questo è stata uccisa: il suo nome si aggiunge alla lista sconfinata di oltre 190 giornalisti che sono stati uccisi dal 7 ottobre del 2023. Daka aveva dovuto lasciare suo figlio di appena 12 anni, e in questi mesi si è recata quotidianamente ll’ospedale Nassar di Khan Younis, colpito questa mattina — 25 agosto — da un missile israeliano.
“Tu sei il mio amore, il mio cuore, il mio sostegno, la mia anima e mio figlio — si conclude la lettera—. Colui che mi fa alzare la testa con orgoglio. Sii sempre felice e conserva una buona reputazione. Ti prego, Ghith: la tua preghiera, poi ancora la tua preghiera, e poi ancora la tua preghiera”.
Fonte lespresso.it
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