Negli ultimi tempi, il panorama mediatico siciliano, am non solo, è stato teatro di un’escalation di attacchi nei confronti di quei giornalisti che osano scavare nelle vicende del potere, in particolare quando si tratta di politici.
La pubblicazione di intercettazioni, inchieste o semplicemente analisi critiche dell’operato governativo è diventata sempre più spesso bersaglio di accuse di “attacchi strumentali”, “regie politiche” e chissà quali altre “trame oscure”.
Un copione fin troppo noto, che si ripete ogni qualvolta l’informazione non si allinea al racconto che il potere vorrebbe far passare o imporre.
Il recente dibattito, amplificato dai fatti riguardanti li scandali alla Regione Siciliana e anche la vicenda De Lucca, scagliatosi ieri anche lui contro la stampa, precisamente contro i giornalisti della Gazzetta del Sud, ha evidenziato una crescente insofferenza della classe politica nei confronti del giornalismo investigativo, indipendente e che non si sottrae nel raccontare fatti inconfutabili.
Sembra quasi che, agli occhi di alcuni esponenti politici, il “buon giornalismo” sia unicamente quello che riproduce acriticamente i loro comunicati stampa, spesso autoreferenziali e celebrativi.
Al contrario, chiunque si permette di sollevare dubbi, di denunciare criticità o di pubblicare fatti scomodi, viene immediatamente etichettato come parte di un complotto, o comunque mosso da intenti malevoli e secondi fini.
È singolare notare come a finire nel mirino siano proprio quelle testate e quei giornalisti che, per rispetto nei confronti dei lettori e per fedeltà ai principi fondanti della professione giornalistica, non temono di affrontare argomenti spinosi e non si lasciano intimidire dalle pressioni.
Questi giornalisti, che con coraggio mettono al centro il diritto all’informazione e alla trasparenza, vengono paradossalmente accusati di non svolgere bene il proprio lavoro.
L’impressione, sempre più marcata, è che si vorrebbe un giornalismo “allineato e coperto”, capace di pubblicare esclusivamente ciò che mette in buona luce la politica, senza mai permettersi di criticarne l’operato.
Il sogno recondito, forse, è quello di trasformare le testate in organi di propaganda, quasi una moderna “Pravda”, dove la verità è quella dettata dal potere, o di relegare l’informazione a temi innocui, magari distanti da noi e disimpegnati, come ad esempio il giardinaggio o la cucina, magari con l’aggiunta di aneddoti che esaltino le presunte doti culinarie dei politici di turno.
Ma la libertà di stampa e la libertà di critica sono principi sacrosanti e pilastri di ogni democrazia che si rispetti.
Il ruolo del giornalismo non è quello di fare da megafono al potere, bensì quello di essere un “cane da guardia”, un presidio di democrazia che informa i cittadini, li rende consapevoli e li mette in condizione di formarsi una propria opinione.
Attaccare i giornalisti che svolgono questo compito non è solo un attacco alla categoria professionale, ma è un attacco diretto al diritto dei cittadini di essere informati e, in ultima analisi, alla democrazia stessa.
In un’epoca in cui la disinformazione e le “fake news” rappresentano una minaccia crescente, è più che mai fondamentale difendere e sostenere il giornalismo indipendente.
Non sono i giornalisti che, pubblicando intercettazioni o inchieste, “attaccano” la politica, sono piuttosto i politici che, attaccando i giornalisti, cercano di minare la libertà di informazione e di sottrarsi alla critica dell’opinione pubblica, in una società sana, dovrebbe essere non un timore, ma una garanzia di responsabilità e trasparenza.
- Libertà di stampa: Un aspetto fondamentale dell’articolo 21 della Costituzione italiana è la garanzia della libertà di stampa, che non può essere soggetta ad autorizzazioni preventive o censure. Questo significa che nessun organo dello Stato può impedire la pubblicazione di un giornale o di un altro mezzo di comunicazione, a meno che non violi le leggi.
Esprimiamo infine la nostra solidarietà ai giornalisti presi di mira e nel caso specifico ci associamo all’intervento fatto dall’Ordine dei giornalisti e la sezione di Messina di Assostampa, manifestando “sconcerto” per i toni usati. Ad Maiora

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