La scelta di andar via per non sporcarsi il “grembiule” è senza dubbio un problema grosso, anche perchè porta subito a una domanda fondamentale: Adesso dove andare?
Anche perchè nel contesto politico attuale, trovare un “ristorante stellato”, ovvero un partito impeccabile con un programma chiaro, leader carismatici e una gestione etica senza macchia, oggi è davvero una grande sfida e, trovandolo, bisogna stare sempre attenti, vigili e pronti, nel caso, a fare le valigie.
Quando un dipendente decide di lasciare il “ristorante” dove lavora da anni, perchè non apprezza o condivide quanto succede al suo interno, si trova davanti a diverse scelte.
Le alternative includono il “Fast Food”, che promette rapidità e prezzi contenuti, anche se il risultato è spesso indigesto e i cibi spesso sono poco genuini. Questi locali seguono l’onda del momento, ma non hanno una “ricetta” per il futuro.
Poi c’è il ristorante noto come la “Il posto sicuro”, dove si magiano piatti tradizionali, ma dove spesso il servizio è lento, i camerieri sono gli stessi da decenni e, sebbene si mangi meglio rispetto al Fast Food, il lavoro viene svolto sempre con gli stessi ritmi, forse per paura di innovare. La loro specialità? La minestra riscaldata.
Meglio allora il “Ristorante In”, ma che spesso lo è solo nel nome. Si presenta con un locale elegante e sfarzoso, poltrone comode ed accoglienti, piatti splendidamente serviti e discorsi altisonanti. Ma dietro questa facciata, la cucina è gestita da chef delle volte non all’altezza o che sono arrivati lì non per meriti reali. Il rischio più grande è che tutto sembri delizioso, ma dopo aver pagato un bel po’, la nottata è assicurata.
Rimane il “Ristorante Stellato”, quello dove il conto per una cena costa quanto la spesa mensile, anche se poi uscendo devi andarti a mangiare un panino, visto che a saziarsi sono stati solo gli occhi. Nel locale, come anche nelle cucine tutto è splendente e pulito, nessuna macchia, neanche a cercarla con la lente di ingrandimento, ma in un tale ristorante i dipendenti devono avere almeno tre lauree e conoscere sette lingue.
Alla fine c’è sempre la classica “Trattoria”, dove si mangia bene, l’ambiente è casareccio, dove il rapporto qualità-prezzo è davvero ottimo e il farsi assumere non e poi tanto difficile.
Dalla ristorazione passiamo alla realtà politica.
Parafrasando il tutto diciamo che quel cameriere che vuol mantenere il “grembiule pulito” è il politico onesto che, qualora decidesse di cambiare, il prestigioso ristorante “Magna Magna”, l’alternativa non deve obbligatoriamente portarlo dove si tengono banchetti sontuosi, ma dove tra pasti semplici ci si vanta per l’eccellenza e si mantiene la decenza, con piatti genuini e conti non “taroccati”.
Ed è in questo contesto che la persona può fare la differenza.
Invece di far parte del “Magna Magna” a tutti costi, l’obiettivo dovrebbe essere quello di accontentarsi magari del “ristorantino”, quello sotto casa, onesto e pulito, contribuendo semmai a farlo crescere, con la propria bravura, facendolo crescere di livello per magari guadagnarsi nel tempo la prima stella, affidabilità e buon servizio.
Tuttavia, il timore di lasciare il vecchio locale è per molti un grosso problema. Nel “ristorantino”, quello sotto casa, per far carriera ci vuole tempo e dedizione, mentre nel “Magna Magna”, essendo frequentato da certi personaggi, si possono raggiungere più velocemente certi traguardi, anche se ciò potrebbe comportare il rischio di essere buttati giu dal letto di prima mattina o quello di trovarsi “insetti” casa casa o nel proprio cellulare.
Un piatto scadente comunque si dimentica facilmente, mentre certe macchie o aloni sul “grembiule”, invece, restano, anche se qualcuno con il tempo non ci fa più caso, considerandolo un elemento “decorativo”, come fosse una stella Michelin.
Tutti i “camerieri” e “cuochi” corretti e onesti, ovviamente soci esclusi, dovrebbero sentire la coscienza ribellarsi ogni volta devono intervenire per difendere un piatto immangiabile o un proprietario discutibile e si dovrebbero ricordare anche che l’integrità morale è un ingrediente fondamentale e non negoziabile… della “buona cucina”.
Anche i clienti, se hanno a cuore quel locale dovrebbero farsi sentire, ma se nonostante tuuto non si cambia “menù”, prima o poi andranno via e quando succederà, non faranno certo distinzione un dipendente bravo e onesto e uno meno, esprimeranno un giudizio globale sull’intero locale coinvolgendo anche chi era il più bravo ma che lavorava nel posto sbagliato.
Insomma rimanendo “fedeli” finiranno tutti per essere travolti nello stesso uragano.
Se il loro lavoro è servire bene la clientela, lo facciano in un posto dove il pranzo non sia una “truffa”.
Uscire da quel “locale marcio” finché sono in tempo e cercare un’alternativa più “etica” può solo migliorarli, se sono bravi e cucinano con passione la clientela li seguirà ovunqua vadano a lavorare.
Così facendo, guadagnerebbero immediatamente le prime due “stelle”, quella della fiducia e del rispetto, che gli daranno proprio i clienti, altrimenti, rimanendo, rischierebbero di perderli, perdendo anche la possibiltà futura di diventare veri “ristoratori”.
Ma la domanda finale e cruciale è: come si fa a “lavorare” in certi “ristoranti”? Ad Maiora
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