Il governo punta sul fallimento dei quesiti e ora pensa di alzare il minimo e rendere più difficile
la procedura
Forza mare. FI lo rivendica sui social, post con infradito in vista a bordo piscina. Roberto Vannacci, vice-segretario della Lega, si fa immortalare in bermuda sulla costa maremmana, della serie:
cari elettori, godetevi la spiaggia.
Matteo Salvini, s’imbarca intanto per la Francia, direzione Fontainebleau, per un summit dei Patrioti.
Antonio Tajani partirà oggi per Nizza, per un vertice sul Mediterraneo. Giorgia Meloni? Si presenta al seggio del Torrino di sera, senza preavviso, già rincuorata dai numeri del Viminale che mostravano un’affluenza floscia. E come annunciato la settimana scorsa, senza farsi consegnare le schede, dunque senza far numero per il quorum. Stretta di mano allo scrutatore e via.
I dati mesti sull’affluenza di ieri fanno ben sperare un centrodestra che sul flop della consultazione di Landini e +Europa ha puntato forte, invitando a disertare le urne (tranne Noi Moderati, schierati
per 5 no). E forse sarà anche un «trucco da vecchia politica», come l’ha chiamato alla vigilia Elly
Schlein, perché con questo escamotage la premier potrà mettere il cappello sul variegato popolo rimasto a casa (o sui lettini), composto di certo non da soli elettori di centrodestra, ma il tentativo di
“spallata”, salvo clamorosi rovesci dei pronostici stamani, si potrà dire archiviato. O quantomeno rimandato a un altro appuntamento, le regionali d’autunno, sulle cui candidature ancora non si è trovata nemmeno una quadra in coalizione.
A proposito: mercoledì Salvini riunirà il Federale della Lega, anche per chiedere il Veneto e insistere
sul terzo mandato.
La baldanza del centrodestra sul possibile fiasco dei referendum si percepisce dalle mosse già in cantiere. Nel mirino c’è la soglia di firme sufficienti per chiedere l’indizione dei referendum. Oggi sono 500mila, dall’anno scorso si possono raccogliere online. Ma così, è il ragionamento, la procedura
sarebbe troppo leggera e si rischierebbe una caterva di consultazioni che poi, alla prova dei seggi, si trasformano in un flop di partecipazione vera. E di costi. L’obiettivo allora sarebbe aumentare la soglia, spostarla più su, attorno al milione. Che il ragionamento sia in corso lo fa capire l’ex ministro Lupi, leader di Noi Moderati: «Raccogliere
le firme legittimamente via web, ma non avere aumentato il numero delle firme da raccogliere porta anche ad inflazionare questo strumento, no agli abusi». E lo conferma Paolo Emilio Russo, capogruppo di FI in commissione Affari costituzionali alla camera. I 5 referendum di ieri e oggi, spiega Russo, sono «il primo banco di prova della piattaforma per raccogliere le firme online, attivata finalmente, dopo anni di rinvii e ritardi, la scorsa estate. Strumento utilissimo che cambia le regole», ma alla luce dei risultati, «valuteremo tutti insieme, maggioranza e opposizione dal momento che parliamo delle regole del “gioco”, eventuali correttivi per evitare che ci possa essere un ricorso eccessivo allo strumento del referendum, ritrovandoci ogni anno con venti quesiti che poi non interessano nessuno». Le modifiche? «Si potrebbe aumentare il numero delle firme chieste online e immaginare una
scrematura preventiva dei quesiti sottoposti agli elettori sulla piattaforma».
