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La paura e il silenzio: un circolo vizioso nel mondo del lavoro

Last updated: 25/08/2025 6:38
By Sergio Cirlinci 177 Views 9 Min Read
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Spesso la paura di perdere il lavoro e subire ricatti e ritorsioni, sono situazioni ricorrenti e dolorosi che si manifestano in diverse forme

Questa problematica riguarda i lavoratori dipendenti, fortunatamente non tutti, ma è nel privato che il problema emerge maggiormente, come anche per gli autonomi, le P.Iva, specialmente se si vive in aree dove il lavoro è un miraggio o, una volta conquistato, bisogna tenerselo stretto, non esssendoci grandi alternative e di ciò qualcuno alcuni ne approfittano.

Lo sfruttamento lavorativo non è un problema che riguarda solo i lavoratori non regolari, gli stranieri, ma situazioni simili si verificano con tutti e anche in alcuni contesti, che apparentemente sono “legali” e rispettosi delle leggi, favorite da imprenditori senza scrupolo e grazie anche alla mancanza di tutele, con la conseguenza che la precarietà spinge i lavoratori ad accettare condizioni “ingiuste”, e di fatti del genere le cronache giornalistiche ne raccontano tanti.

Questa condizione di particolare vulnerabilità o sudditanza è il terreno fertile su cui si basa il ricatto, la minaccia del licenziamento, il mancato rinnovo del contratto, come anche la difficoltà di trovare un’alternativa diventano uno strumento per chi impone ore di lavoro oltre il pattuito, spesso non retribuite, salari bassi o in alcuni casi, restituzione di parte del percepito in busta paga, ovviamente in contanti che va a creare il “nero”.

La paura di rimanere senza lavoro, in un contesto sociale dove lo stesso scarseggia, è sicuramente il primo motivo che spinge il lavoratore al silenzio, a non ribellarsi e protestare, specialmente per chi ha già una certa età, quando diventa difficile, se non impossibile, rientrare nel mondo del lavoro.

Ma vale anche per i giovani, che accettano piccoli lavoretti magari nel fine settimana, spesso per non gravare sulla famiglia, economicamente non messa bene, che vengono pagati, spesso in nero, e con una ventina o poco più di euro.

Insomma la prospettiva di perdere il proprio posto di lavoro diventa un problema che non fa dormire sonni tranquilli, in particolar modo a chi ha sulle spalle famiglia e qualche piccolo impegno.

Si è ben consapevoli infatti che prendersi di coraggio e denunciare, può portare a ritorsioni e a preclusioni, l’essere etichettati poi come coloro “facili” alla denuncia o alla vertenza, chiude le porte di molti datori di lavoro poco scrupolosi, ma fortunatamente esistono tanti imprenditori seri, onesti, puntuali e corretti.

Un accesso più facile e garantito al mondo del lavoro, come anche controlli più serrati, rappresenterebbe sicuramente una soluzione importantissima a questo problema.

Se un lavoratore sapesse di poter contare su leggi chiare o sistemi di protezione in caso di perdita del lavoro, come un reddito di base o un sostegno al reddito, ma di facile accesso, così come avviene in tanti altri paesi, ovviamente con giuste regole e controlli, ma anche il poter contare su uffici efficienti, preposti ad aiutare a entrare o rientrare nel mondo del lavoro, il potere contrattuale del singolo datore di lavoro, quello scorretto, diminuirebbe e una rete di sicurezza forte potrebbe spingere il lavoratore a non dover sottostare a condizioni inaccettabili, alcune volta umilianti e, di conseguenza, sarebbe più incoraggiato a denunciare abusi e soprusi.

La domanda che a questo punto sorge spontanea è: se la soluzione sembra essere così a portata di mano, perché non si affronta il problema?

La risposta, apparentemente semplice, è invece più complessa di quanto possa apparire, in quanto questo andazzo va a toccare interessi economici e politici, facendo comodo a molti, definiamoli, poco rispettosi delle regole e delle leggi.

Le condizioni di precarietà e le difficoltà dell’eccesso al mondo del lavoro, portano, in aree dove scarseggia, ad un ribasso degli stipendi offerti e permettendo a certe aziende di aumentare i propri profitti, anche con mezzi più o meno legali, a scapito dei lavoratori e dei loro diritti, il padrone ingrassa e il lavoratore patisce la fame.

In un mercato del lavoro di tal natura, sicuramente malato, dove anche le tutele sono basse, si crea un potere contrattuale forte per il datore di lavoro e debole o nullo per il lavoratore, specialmente se ha necessità di lavorare.

Questo squilibrio può essere utile a operatori scorretti ma anche a certi politici ai quali interessa mantenere una forma di potere e di clientelismo.

In ogni campagna elettorale moltissima gente, è inutile nasconderselo, va a chiedere un posto di lavoro per lui o per qualche familiare “vendendosi” il voto pur di ottenere quello che viene venduto come favore, che se poi vogliamo dirla tutta il lavoro è un diritto ma che viene spacciato per un favore per averne un ritorno, in questo caso il voro del richiedente e di tutto il parentato.

La paura e il silenzio, in questi contesti sociali non possono che aumentare, essendo contestualmente un sistema che conviene a diversi personaggi, ovviamente quelli senza scrupoli, ma che colpisce chi ha o cerca un lavoro creandogli stati di incertezza e soprattutto di sofferenza, economica e psicologica, la sudditanza.

Ma solo chi vive in queste situazioni o ne ha fatto esperienza sulla propria pelle, può realmente comprendere a fondo questa problematica, ma fortunatamente molti lavorano con datori di lavoro corretti, onesti e rispettosi dei propri dipendenti o collaboratori, che li vedono come risorse e non come “schiavi” da sfruttare e da buttare fuori appena provano a ribellarsi. Chi invece il lavoro non se lo è “sudato” o fatica amantenerlo, difficilmente si immedesimerà in questa analisi, ritenendola magari esagerata.

Solo quando la società civile e la politica, affronteranno seriamente il problema, garantendo a tutti i cittadini una stabilità lavorativa e condizioni economiche degne di un paese civile, forse solo allora si potranno sperare di spezzare le “catene” del ricatto e della paura.

Ma se qualcuno ci prova, ad esempio un politico, che lavora per il bene dei cittadini al contrario di chi si preoccupa solo della sua carriera, rischia poi di non ottenere i voti necessari per la sua elezione, non è un mistero infatti che spesso i migliori amici dei politici sono gli imprenditori, specialmente quelli che fanno i “padroni”, e che oltre a decidere quanto deve guadagnare, quante ore deve lavorare un proprio dipendente e soprattutto quanto guadagnare, decide anche chi deve votare lui e tutta la sua famiglia.

Questa è purtroppo una realtà che molti fanno finta di non conoscere e quanto lo si evidenzia molti fanno finta di nulla, perchè prevale il silenzio dettato dalla paura. Ad Maiora

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