Mercoledì in Parlamento la risposta del governo
Oltre che in Parlamento, sulla scarcerazione lampo del generale libico Najeem Osema
Almasri il governo italiano dovrà dare spiegazioni alla Corte penale internazionale, che le ha chieste formalmente attraverso i canali diplomatici.
In un clima già appesantito dai sospetti avanzati da Roma sulla ritardata segnalazione della presenza del generale in territorio europeo: solo il 17 gennaio, alla vigilia del suo arrivo in Italia, quando dal 6 gennaio si muoveva indisturbato tra Gran Bretagna e Germania.
Sospetti che, ribadiscono dalla sede dell’Aia, non toccano la Cpi. Loro hanno ricevuto la notizia solo venerdì 17, attivandosi subito per dare seguito alla richiesta d’arresto giacente dal 2 ottobre, accolta e trasmessa l’indomani a 6 Stati (tra cui l’Italia) insieme all’avviso Interpol per allertare le polizie nazionali. Senza sapere che il capo della polizia giudiziaria libica sarebbe andato a Torino, tant’è che gli stessi documenti sono stati inviati pure in Germania, Olanda, Francia, Austria e Svizzera.
I tempi
L’informazione è giunta alla Procura presso la Corte dell’Aia, che l’ha tramessa alla Cpi; verosimilmente dalla polizia tedesca, dopo il controllo di Almasri a un posto di blocco
a Monaco di Baviera, prima identificazione ufficiale avvenuta in Germania. Se la sua
presenza in Europa fosse nota da prima è un problema tedesco, o inglese visto che dal 6 al
12 è stato in Gran Bretagna. Si può ipotizzare che la Procura dell’Aia, guidata dall’inglese
Karim Ahmad Khan, l’abbia saputo in precedenza e abbia aspettato prima di comunicarlo
alla Corte, ma è una congettura che contrasta con una richiesta di cattura pendente da tre mesi e mezzo.
I giudici hanno un corposo arretrato da smaltire, e nella stessa indagine sulla Libia per crimini di guerra e contro l’umanità, avviate nel 2011 su input del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, sono tuttora pendenti altri 6 mandati d’arresto emessi tra aprile e luglio 2023, e uno addirittura
risalente al 2011. Il fascicolo su Almasri era in attesa di esame, ed è stato ripreso in mano con urgenza dopo la segnalazione del 17 gennaio.
La legge
Oltre alle polemiche politiche scatenate da liberazione e rimpatrio del detenuto su un aereo
dell’Aeronautica militare appositamente partito da Roma la mattina del 21 gennaio e decollato in serata da Torino per Tripoli, restano gli interrogativi sull’interpretazione data dalla Corte d’appello di Roma alla legge del 2012 che regola i rapporti con la Cpi. I giudici della Capitale
hanno ritenuto che fosse indispensabile una interlocuzione preliminare con il ministro
della Giustizia, senza la quale l’arresto di Almasri non poteva essere convalidato, come
previsto dall’articolo 2 di quella legge. Situazione alla quale il Guardasigilli Carlo Nordio poteva comunque porre rimedio, ma la mancata risposta al quesito postogli dalla Procura generale ha dato il via libera a scarcerazione e riconsegna.
La Corte penale
Ma — ribadiscono dalla Cpi — secondo l’articolo 3 della stessa legge, «in materia di consegna» dei ricercati e altre attività con la Corte dell’Aia si applicano le norme del codice di procedura penale sulle procedure di estradizione. Per le quali i magistrati agiscono autonomamente (com’era avvenuto in dicembre per l’iraniano Mohammad Abedini), senza attendere l’intervento
del governo. Il quale mantiene comunque l’ultima parola sulla consegna, e può intervenire
in ogni momento annullando i provvedimenti nei confronti degli stranieri da estradare (come avvenuto per Abedini, in cambio della liberazione di Cecilia Sala).
È dunque immaginabile, vista la conclusione della vicenda con l’espulsione e l’accompagnamento
a spese dello Stato italiano, che l’esecutivo sarebbe intervenuto in ogni caso; a prescindere dalle
decisioni della magistratura e dagli ipotetici contatti avvenuti prima o dopo l’ordinanza
emessa dalla Corte d’appello.
Lo dimostra la partenza per Torino dell’aereo per portare Almasri in Libia alle 11.14 del 21 gennaio, mentre la decisione sul suo conto è arrivata solo nel pomeriggio, quando alle 16.03 il ministro Nordio comunicava che stava valutando la situazione.
Su queste e altre circostanze è attesa la versione ufficiale del governo al Parlamento, fissata per mercoledì prossimo.
Dal Corriere della Sera
