Lo afferma Marco Di Liddo, direttore del Centro studi internazionali
«Un livello di tensione così alto a Sigonella non si vedeva da tempo, neanche durante la stagione
lunga e dolorosa delle primavere arabe e dei successivi conflitti civili in Medioriente. Se vogliamo cercare una situazione simile, dobbiamo andare indietro fino alla guerra del Golfo».
Per far capire quanto pesante sia il quadro vissuto in queste ore dalla base miliare siciliana,
Marco Di Liddo, direttore del Cesi, il Centro studi internazionale, pesca dalla memoria frammenti
di storia altrettanto drammatici, precisando subito che la parte statunitense dall’aeroporto «costituisce per gli Usa un assetto pregiato per la conduzione delle operazioni in tutto il
bacino del Mediterraneo, fino al Mar Nero e oltre: è un punto strategico fondamentale per garantire
agli americani una capacità di sorveglianza e protezione in un’area gigantesca di mondo».
In un’intervista rilasciata al Giornale di Sicilia, Di Liddo definisce «un tassello importantissimo» anche il Muos di Niscemi.
Se i droni che partono da Sigonella sono fondamentali, gli impianti satellitari di Niscemi hanno un compito altrettanto cruciale: la comunicazione e l’intelligence, determinanti in qualsiasi operazione militare».
Alla domanda se l’Iran sia in grado di sferrare un attacco alla base catanese e al sistema di antenne
Usa, risponde così: «Sulla base delle informazioni che abbiamo, Teheran al momento non dispone di questa capacità.
Sigonella e Muos sono obiettivi super protetti, anche dagli scudi missilistici della Nato».

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