Da Mulè a Falcone, tutti pronti a sostenere la proposta di Webuild di investire 900 milioni
La giunta ha già autorizzato partenariati pubblico-privato. Il governatore prende tempo
L’unica cosa che filtra è che il progetto di Webuild potrebbe fare riferimento a una delibera che la giunta Schifani ha approvato alla fine del 2024. Perché la proposta del gruppo guidato da Pietro Salini, pronto a investire quasi 900 milioni di euro di fondi privati con la promessa di «risolvere il problema dell’emergenza idrica in Sicilia», è arrivata negli uffici di viale Campania, sede dell’assessorato regionale all’Energia, legata al vincolo di riservatezza. Motivo per cui le bocche dalle parti della Regione restano rigorosamente cucite.
Inclusa quella del governatore.
Nel lungo elenco di note che accolgono con favore la proposta di Salini, dalla Lega siciliana a diversi
esponenti forzisti, a non proferire parola è proprio Renato Schifani.
Aveva promesso di risolvere il problema della siccità ai siciliani («Non ci dormo la notte», era stato
uno sfogo a sala d’Ercole). E adesso, invece, si ritrova esautorato (quasi) dall’intero dossier siccità. I tre dissalatori finanziati con 100 milioni di euro dall’accordo di sviluppo e coesione? Affidati alla
struttura commissariale nazionale guidata da Nicola Dall’Acqua. Il rinnovo dello stato d’emergenza per la crisi idrica nell’Isola? La Protezione civile regionale lo avrebbe richiesto nei primi mesi dell’anno, ma il via libera dal Consiglio dei ministri è arrivato soltanto la scorsa settimana. Adesso la nuova proposta di Webuild, che da Venezia promette di «risolvere il problema in due anni». Tutto questo mentre i tecnici della Regione guardano con preoccupazione ai 231 milioni di metri cubi d’acqua immagazzinati negli invasi dell’Isola, che rischiano di essere ancora una volta
insufficienti adesso che l’estate è ormai alle porte ed è immaginabile che bisognerà attendere quantomeno l’autunno per la stagione delle piogge. In questo quadro, appunto, il governatore non si sbilancia. Ad accogliere con favore la proposta di Webuild sono invece diversi forzisti, dal vicepresidente della
Camera Giorgio Mulè, fino a Matilde Siracusano e Alessandro Cattaneo.
Ma anche l’ex assessore regionale, oggi eurodeputato, Marco Falcone: «Da uomo che ha avuto responsabilità di governo, penso che a fronte di una proposta concreta da parte di un privato pronto a investire, la politica abbia il dovere quantomeno di valutare il progetto. Io ho sempre fatto così». Il gruppo guidato da Salini potrebbe aver preso spunto da una delibera della giunta che dava il via libera al programma triennale «delle esigenze pubbliche idonee a essere soddisfatte attraverso forme di partenariato pubblico-privato » relativa proprio agli «impianti di dissalazione per l’approvvigionamento del sistema idropotabile dell’area metropolitana di Palermo».
In quella sede l’esecutivo siciliano, «al fine di fronteggiare la grave e perdurante crisi idrica cui è soggetto il territorio», apriva alle collaborazioni tra il pubblico e il privato immaginando per l’area del Palermitano «due siti di impianto» nella fascia costiera tirrenica, «uno a ovest di Palermo (da Palermo a Partinico) e uno a est (da Palermo a Termini Imerese), per una potenzialità da 600 a 900 litri al secondo, con relativa impiantistica comprensiva di opere di adduzione e di collegamento alla rete». Per l’intera operazione la giunta aveva immaginato un costo di circa 180 milioni di euro e «un costo medio di esercizio di circa due euro al metro cubo».
Cioè quasi quattro volte più cara della tariffa regionale fissata a 0,69 euro al metro cubo. «Quale sarebbe — attacca da Italia Viva Fabrizio Micari — l’impatto per i consumatori?». A Schifani l’onere adesso di rispondere alla domanda, prima di sbilanciarsi sulla proposta del colosso guidato da Salini.
I numeri:
Gli invasi 231 milioni i metri cubi d’acqua attualmente disponibili in vista dell’estate.
900 milioni l’investimento dei fondi che Webuild è pronta a investire per i dissalatori in Sicilia
Da laRepubblicaPalermo
