Lo leggiamo sui giornali quando ci sono grossi cali sui mercati finanziari, come in questi giorni, ma è un’espressione senza senso
Dopo una giornata di perdite in borsa e sui mercati finanziari, come quella di ieri, può capitare di leggere che «le borse hanno bruciato X miliardi di euro», un’espressione comune nel linguaggio dei media ma che non ha senso sul piano economico. I miliardi «bruciati» non si sono dissolti, perché sui mercati finanziari a fronte di chi perde c’è in genere qualcuno che ci guadagna.
Il calo degli indici di borsa dipende da meccanismi di domanda e offerta, che determinano il prezzo a cui sono venduti i titoli.
Semplificando, il prezzo di un determinato titolo – l’azione di una società, per esempio – scende quando molti vogliono venderlo, visto che per trovare qualcuno che voglia comprarlo bisognerà abbassarne il prezzo; al contrario, sale quando in molti vogliono comprare quelle azioni. Le azioni di un’azienda esistono in quantità limitate; possedere un’azione vuol dire possedere una quota dell’azienda.
Facciamo un esempio concreto da questi giorni di cali e agitazioni sui mercati finanziari, a causa dei dazi annunciati dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump. La società Iveco produce veicoli commerciali come furgoni e camion e lunedì le sue azioni hanno perso quasi il 5 per cento del loro valore. È successo perché, nel timore che entrino effettivamente in vigore i dazi promessi da Trump sui veicoli importati dagli Stati Uniti, gli investitori presumono che Iveco riuscirà a vendere meno prodotti su quel mercato, che subirà delle perdite, e quindi che agli azionisti saranno distribuiti meno profitti.
Questa prospettiva ha spinto diversi investitori a vendere le loro azioni di Iveco. Per le stesse ragioni, però, oggi non ci sono investitori entusiasti di comprarle: pur di liberarsene, allora, nel timore di perdite maggiori, lo hanno fatto a un prezzo ribassato. Chi ha comprato le azioni di Iveco a un prezzo ribassato spera di poterle vendere in futuro a un prezzo più alto, quando le acque si saranno calmate o l’incertezza di questi giorni sarà rientrata, traendone così un profitto.
La somma del valore di tutte le azioni di una società fa il valore della società nel suo complesso, cioè la sua capitalizzazione di borsa. L’andamento di questo valore è quindi legato al valore delle azioni sul mercato: se le azioni di Iveco perdono il 5 per cento del proprio valore, anche la sua capitalizzazione scende del 5 per cento.
Quando i giornali scrivono che le borse «hanno bruciato» miliardi, indicano proprio questo: che il valore della capitalizzazione è sceso. Ma non ci sono soldi che vengono distrutti o bruciati.
E nemmeno persi, salvo per chi dovesse decidere di vendere le azioni il cui valore è diminuito, realizzando una minusvalenza rispetto al prezzo a cui le aveva acquistate (va da sé che chi aveva comprato azioni Iveco a un prezzo ancora più basso di quello odierno, potrebbe venderle oggi e realizzare comunque un guadagno).
Chi possiede un’azione il cui valore è sceso e decide di non venderla – magari contando che le sorti di quell’azienda migliorino e il titolo risalga – non perde nulla: è però vero che il valore del suo patrimonio si riduce nell’immediato, quindi se avesse bisogno di liquidarlo per qualsiasi necessità ne otterrebbe meno soldi di prima.
Allo stesso modo, chi possiede azioni il cui valore è molto cresciuto – rispetto al momento dell’acquisto – non guadagna nulla finché non decide di vendere quelle azioni.
Le perdite insomma le realizza l’investitore, e solo al momento della vendita del titolo; intanto le aziende continuano a operare normalmente.
I giornali hanno scritto che ieri nelle borse europee «sono stati bruciati X miliardi», che è quello che sarebbe accaduto a un ipotetico investitore che avesse comprato la mattina tutte le azioni di tutte le aziende quotate e le avesse rivendute la sera.
Non è quello che avviene sui mercati finanziari.
