“Pensavo di essere un ragazzo di destra, in un momento in cui la destra cambiava pelle.L’ideologia di destra non esiste ormai da decenni, morta e sepolta.
Indro Montanelli, sosteneva che essere di destra fosse un modo di vivere, rigoroso, fermo nei principi e vicino al popolo.
Non troveremmo un briciolo di questa visione neanche grattando le profondità in cui si è rilegata questa parte politica che ancora si definisce destra.
Spesso si confonde il macismo con l’assertività, l’autorevolezza con l’autorità.
Sono cresciuto tra l’attacchinaggio di manifesti, assemblee studentesche e interminabili partite a calcetto nei locali di Alleanza Nazionale – Azione Giovani insieme al compianto Michele D’Anna. Non era solo un passatempo, era formazione politica, era identità. Leggevamo, ci confrontavamo, discutevamo. In quegli spazi c’era un senso di appartenenza genuino, un humus culturale e valoriale che mi faceva sentire nel posto giusto.
Poi sono arrivati gli anni delle consulte giovanili, della rappresentanza istituzionale, dei primi confronti veri sulla città, sulla scuola, sulla società. Mi sentivo parte di qualcosa che aveva una missione: costruire un’Italia migliore, con onore, con spirito di servizio.
Ma nel frattempo, sentivo disgregare qualcosa; mi rendevo conto che ciò in cui credevo era vero solo in astratto.
Col tempo, ho visto svanire quegli ideali, schiacciati da interessi personali, da nomine improvvisate, da facce opache, da protagonismi inutili e da una politica sempre più autoreferenziale e arraffona. Quella che doveva essere la “mia” parte è diventata irriconoscibile.
La storia si ripete, sempre e comunque.
Persone che un tempo parlavano di legalità e giustizia, oggi strizzano l’occhio a impresentabili, solo per una poltrona (quindi denaro e potere).
Figuri che predicavano valori, oggi sono seduti al tavolo con chi quei valori li ha svenduti.
Per un po’ ho sperato. Ho pensato che forse, cadendo, qualcuno si sarebbe rialzato. Ho creduto che il richiamo del buon senso potesse rimettere in carreggiata certi nomi. Ma oggi mi rendo conto che quella speranza era vana.
Questa destra non era e non è mai stata casa mia.
È diventata sempre più arrogante, impunita, scandalosa.
Una destra che ti fa vergognare di essere di destra.
Una destra che ti spinge altrove: verso il centro, verso il campo largo, verso una politica che almeno prova a essere moderata, civile, coerente.
Una politica che pensi alla gente.
In Sicilia, la bussola della politica è stata manomessa, da chi avrebbe dovuto difenderla.
È forse il tempo di presentare il conto a certa politica, è il tempo di riappropriarci di una grammatica della partecipazione attiva alla politica.
È necessario afferrare, con tenacia e determinazione, un linguaggio concreto ed implacabile, che faccia chiarezza, che sia sintesi di tutte le sensibilità cittadine, che metta insieme l’enorme sacca di cittadinanza laboriosa, imprenditoria sana, cultura, professioni, associazionismo. Dobbiamo riappropriarci del rapporto di prossimità, del mutuo soccorso.
Non voglio che questo sia inteso come un manifesto politico, anche perché la mia collocazione politica è chiara e ben definita, così come è nota l’identità del mio punto di riferimento politico che mi onoro di affiancare.
Questo è un appello, gridato con tutto il fiato, a tessere una visione di città, per dare un futuro a questa città”.
Marco Fasciana – Cittadino Nisseno
