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Posizionamenti, dribbling e contorsioni: i partiti italiani davanti al genocidio di Gaza

Last updated: 07/10/2025 16:50
By Redazione 84 Views 4 Min Read
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Dalla prudenza filo-israeliana ai riposizionamenti e ripensamenti tardivi, tra smentite, piazze e contraddizioni

Contents
Riposizionamenti più che ripensamentiSi precisa: la pubblicazione di un articolo e/o di un’intervista scritta o video in tutte le sezioni del giornale non significa necessariamente la condivisione parziale o integrale dei contenuti in esso espressi. Gli elaborati possono rappresentare pareri, interpretazioni e ricostruzioni storiche anche soggettive. Pertanto, le responsabilità delle dichiarazioni sono dell’autore e/o dell’intervistato che ci ha fornito il contenuto. L’intento della testata è quello di fare informazione a 360 gradi e di divulgare notizie di interesse pubblico. Naturalmente, sull’argomento trattato, caltanissetta401.it è a disposizione degli interessati e a pubblicare loro i comunicati o/e le repliche che ci invieranno. Infine, invitiamo i lettori ad approfondire sempre gli argomenti trattati, a consultare più fonti e lasciamo a ciascuno di loro la libertà d’interpretazione.                                                 

Dal 7 ottobre 2023 a oggi, Gaza ha travolto la politica italiana. Tutti i partiti, chi più chi meno, hanno inseguito il vento. Nelle prime settimane dopo gli attacchi di Hamas, la linea era quasi unanime: «Israele ha il diritto di difendersi». Un mantra che Fratelli d’Italia, Forza Italia, Lega e il cosiddetto Terzo polo hanno ripetuto per mesi, rifiutando la parola genocidio e riducendo il dibattito a un esercizio di equilibrio. Poi sono arrivate le immagini dei bambini senza nome, i dati Onu, i rapporti delle Ong, le piazze. E la narrazione è cambiata.

Fratelli d’Italia ha oscillato tra la fedeltà atlantica e la paura dell’opinione pubblica. Giorgia Meloni, che all’inizio rivendicava «solidarietà piena a Israele», oggi parla di «risposta sproporzionata» e apre al riconoscimento della Palestina «a determinate condizioni». Antonio Tajani, dopo aver garantito che «non sarebbe stata usata violenza» contro la Flotilla, si è trovato a giustificare l’abbordaggio, le percosse, i fermi. Il governo ha promesso lo stop alla vendita di armi, ma i dati Istat e Dogane hanno registrato spedizioni per milioni di euro anche nel 2024. E la Lega, fedele al riflesso muscolare, continua a criminalizzare le manifestazioni pro-Palestina, invocando la precettazione degli scioperi.

Riposizionamenti più che ripensamenti

Nel Terzo polo la postura è stata coerente ma perdente. Carlo Calenda e Matteo Renzi, dopo mesi di difesa a oltranza di Israele e sostegno al piano Trump-Blair, hanno scelto platee separate il giorno delle grandi piazze del 7 giugno. Azione e Italia Viva restano l’ultima trincea del “due popoli, due Stati” senza cessate il fuoco.

M5S e Avs sono stati i primi a parlare apertamente di genocidio. Mentre il Partito democratico ha cambiato rotta più volte. Prima la cautela, poi la mozione per il cessate il fuoco e infine la presenza accanto ai movimenti e ai parlamentari saliti sulla Flotilla. Ma la spaccatura resta: l’area riformista accusa Schlein di aver ceduto alla piazza, mentre la base le riconosce di aver finalmente scelto un campo.

Il governo, intanto, è prigioniero delle sue stesse parole. Ha provato a negare, poi a giustificare, poi a correggere. Ma di fronte alle piazze, ai dati e alle immagini di Gaza, anche la propaganda ha smesso di reggere. La sensazione finale è che più che ripensamenti siano andati in scena riposizionamenti, nemmeno ben riusciti. 

Fonte LANOTIZIAGIORNALE.IT di Giulio Cavalli

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