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Report, Ranucci: “Il Foglio si dispiace che io non sia morto”

Last updated: 18/01/2025 8:43
By Redazione 141 Views 6 Min Read
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Anche l’Ordine dei giornalisti commenta la rubrica del quotidiano ed esprime solidarietà al giornalista di ‘Report’: “Commento spregevole”

Contents
L’Ordine dei giornalisti: “Commento spregevole”Il figlio di Ranucci: “Mio padre è vivo, ma il giornalismo italiano è morto”

Adnkronos

“‘Il Foglio’ si dispiace che il sottoscritto non sia morto“. Così il giornalista di ‘Report’ Sigfrido Ranucci commenta le parole che Andrea Marcenaro gli dedica nella sua rubrica ‘Andrea’s Version’. Nel ricordare che Ranucci fu inviato nel 2005 a Sumatra per lo tsunami dell’Oceano Indiano, il cronista de ‘Il Foglio’ parla degli oltre 250mila morti di quella catastrofe e conclude il trafiletto sottolineando che “era il 2005. Per Ranucci purtroppo sembrava fatta. E’ riuscito a tornare”.

“Tra tutti gli attacchi di questi giorni dopo la puntata sulla Mafia e ciò che sta accadendo in Palestina spunta questa perla”, commenta Ranucci su Facebook – “Questo è lo stesso giornale che accusava il governo di non fare nulla per la liberazione di #cecilisala, per la quale tutti siamo stati in apprensione e abbiamo pregato. Ora citando un brano del mio libro ‘La Scelta’, edito da Bompiani, si mostra dispiaciuto che io non sia morto. La Sigfrido’s Version, di fronte a un articolo così infame, davanti al quale nessuno proverà vergogna, è quella di un sorriso e fare i dovuti scongiuri. E con me, li fanno tutti i miei cari”.

L’Ordine dei giornalisti: “Commento spregevole”

Anche il Comitato Esecutivo del Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti è intervenuto. “La libertà di critica, anche aspra, è sempre ammessa, anche fra giornalisti; – si legge nella nota – ma quanto scritto nella rubrica ‘Andrea’s version’ è spregevole e non fa onore a una testata come ‘Il Foglio’. Non si può augurare la morte di nessuno, men che meno di un collega; nel caso specifico Sigfrido Ranucci a cui va la nostra solidarietà. Questo è un esempio di quello che potremmo definire pessimo giornalismo”.

Il figlio di Ranucci: “Mio padre è vivo, ma il giornalismo italiano è morto”

“Caro Andrea, fortunatamente mi sono imbattuto così poche volte nelle pagine del ‘giornale’ in cui scrivi da non sapere né il tuo cognome né se tu, spero vivamente per la categoria di no, sia un giornalista professionista o un comico satirico, sono il figlio di Sigfrido Ranucci e, nonostante alcune volte me ne sorprenda anche io, non sono ancora orfano di padre”, comincia così il lungo post su Facebook di Emanuele Ranucci, figlio del giornalista di ‘Report’. “Vivo da sempre con il pensiero, il timore che ogni volta che saluto mio padre possa essere l’ultima, del resto credo sia inevitabile quando vivi per decenni sotto scorta, quando hai sette anni e ci sono i proiettili nella cassetta della posta di casa tua – scrive Emanuele Ranucci – quando vai a mangiare al ristorante e ti consigliano di cambiare aria perché non sei ben gradito nella regione, quando ti svegli una mattina e trovi scientifica, polizia, carabinieri e Digos in giardino perché casualmente sono stati lasciati dei bossoli, quando ricevi giornalmente minacce, pacchi contenenti polvere da sparo e lettere minatorie, o semplicemente quando ti abitui a non poter salire in macchina con tuo padre”.

Poi un ricordo preciso del fatto succitato: “Ricordo perfettamente il periodo dello Tsunami e dell’isola di Sumatra, che giusto per precisione si trova in Indonesia e non India, quando papà con il parere contrario del suo Direttore, Roberto Morrione, decise di raccontare la vicenda in uno dei luoghi più martoriati dalle inondazioni, lontano dalle comodità e dai luoghi privilegiati dai quali tutti i media scrivevano”. “E’ uno dei primi ricordi di cui ho contezza, – continua – avevo 5 anni, mia sorella 6, mio fratello forse 8, eravamo in macchina, erano circa 40 ore che nessuno riuscisse ad avere contatti con papà, mamma tratteneva le lacrime a fatica, sola con noi tre faceva finta che andasse tutto bene, forse è stata la prima volta che ho avuto la sensazione che dovessi percepire la vita con papà come se fosse a tempo, con una data di scadenza”. Il papà Sigfrido, scrive il figlio Emanele, “è tornato sano e salvo e a distanza di 20 anni purtroppo per te, Andrea, per fortuna per noi e credo di poter dire per il paese è ancora qui, a svolgere il suo lavoro come sempre, vivo e vegeto anche se in tanti lo vorrebbero morto. Il morto del giorno è il giornalismo italiano, ancora una volta, e chi è l’assassino è evidente a tutti”.

Fonte Adnkronos

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