L’annuncio della società chiamata a realizzare il ponte sullo Stretto che vuole investire su opere compensative: “In due anni problema risolto“
Palazzo d’Orléans resta in silenzio, plaude la Lega. Il Movimento 5 Stelle “Svendono l’Isola per gli interessi del Nord”
La stessa società incaricata di realizzare il Ponte sullo Stretto di Messina, Webuild, annuncia
di voler investire quasi 900 milioni di euro «per risolvere il problema dell’emergenza idrica in Sicilia». E, per di più, promette di riuscire a farlo in due anni. Il progetto è quello di realizzare degli impianti di dissalazione ed è arrivato negli uffici di viale Campania a Palermo, sede dell’assessorato all’Energia, subito prima di Pasqua. La società è pronta a realizzare «pro bono » impianti per dissalare l’acqua del Mediterraneo, attraverso un investimento «completamente privato». Ad annunciarlo è Pietro Salini, amministratore delegato Webuild, a margine della presentazione
del progetto Canal Cafè a Venezia: «Abbiamo appena consegnato una proposta in partenariato pubblico privato, sviluppata a titolo gratuito» che prevede «la realizzazione di un ampio piano di interventi interamente finanziati da capitali privati in grado di contribuire a risolvere per sempre il problema della siccità nell’Isola. Nell’arco di due anni è possibile rendere l’acqua disponibile al rubinetto di casa senza limiti ai cittadini siciliani con un investimento completamente privato di quasi 900 milioni di euro».
A quali costi per la Regione?
È troppo presto per dirlo, ma da quanto filtra il progetto presentato da Webuild è al vaglio degli uffici
della Regione, con una relazione a cui starebbero lavorando sia i tecnici del dipartimento Acque
che i funzionari della Protezione civile e che a breve potrebbe arrivare sul tavolo del governatore a Palazzo d’Orleans.
«La società ammortizzerebbe l’investimento in qualche anno» sussurrano dagli uffici della Regione,
dove le domande che cercano risposte sono ancora tante. Perché un dissalatore non funziona come qualunque altro impianto: l’acqua dissalata dal mare va immessa nelle condotte, che sono di proprietà delle Ato, cioè dei Comuni. E dove verrà immagazzinata? Negli invasi, forse, della Regione? Tutte domande che attendono risposte, mentre quel che è certo è che in questo momento nell’Isola, a differenza di altre Regioni, i siciliani non hanno in bolletta la voce sul costo dell’«acqua grezza». Questo perché viene pagato il costo del servizio, ma l’acqua degli invasi è pubblica.
Eppure la società promette che «questa proposta rappresenta una soluzione pratica all’emergenza
idrica». E lancia la sfida a Schifani: «Adesso la scelta tra le varie soluzioni possibili è nelle mani della politica, ma è finalmente disponibile una soluzione concreta».
E se Palazzo d’Orleans resta in silenzio, a raccogliere l’invito è la Lega di Matteo Salvini: «Siamo certi —dicono dal quartier generale siciliano — che l’impegno industriale sia non solo credibile ma anche attuabile, così come dimostra un progetto analogo sviluppato e realizzato su Venezia che sta dando già benefici reali». La Lega si appella al governatore: «Conosciamo la sua determinazione per superare i problemi legati all’approvvigionamento idrico nella nostra Regione e crediamo che la proposta di Webuild sarà presa in seria considerazione, visto che sui dissalatori proprio Schifani è in prima linea affinché questi vengano riattivati, realizzandone anche di nuovi, per garantire l’acqua potabile a tutti i siciliani
senza interruzioni e per tutti i giorni dell’anno».
A sollevare più di un dubbio è invece il Movimento 5 Stelle: «È una vergogna — sbotta il referente regionale Nuccio Di Paola — abbiamo già ceduto più di un miliardo dal Fondo di sviluppo e coesione per il Ponte. E loro rilanciano nuovi dissalatori? Ci sono troppe commistioni, la Sicilia non può essere gestita così. Si sta cercando di svendere l’Isola per gli interessi del Nord, si comprende perché la Lega
plauda. A metà giugno scenderemo in piazza per manifestare contro la gestione di fondi pubblici
che invece potrebbero e dovrebbero essere investiti nella sanità al collasso».
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