Il presidente Schifani lunedì incontra i segretari: sul tavolo emendamenti ma «no mance» e le nomine di sottogoverno
Renato Schifani metterà a disposizione un tesoretto per finanziare qualche norma aggiuntiva.
Ma il presidente ribadirà che non accetterà emendamenti-mancia da parte dei deputati e chiederà invece ai segretari di partito di filtrare alcune proposte «di qualità». E nel frattempo prepara due altre mosse: le nomine nel sottogoverno e la riscrittura di una legge che è stata il manifesto del suo programma, quella che finanzia le assunzioni nelle aziende.
A Palazzo d’Orleans da giorni si prepara il vertice di maggioranza di lunedì pomeriggio.
Renato Schifani ha deciso di convocarlo per creare una corsia sicura alla manovra bis (in aula all’Ars da martedì) e per sciogliere alcuni nodi su enti chiave che da troppo tempo sono commissariati.
Il tesoretto per gli alleati Sul tavolo degli alleati il presidente metterà una cifra che
oscilla fra i 20 e i 25 milioni. Che si aggiungeranno ai 50 con cui la manovra già finanzia le norme
del governo per aumentare i budget dei laboratori di analisi, per abbattere le tasse aeroportuali
e concedere risorse agli enti di volontariato che assistono i poveri. Nel testo base ci sono già anche i primi fondi per aiutare le imprese a cercare nuovi mercati dribblando i dazi di Trump. Il no alle mance Quando «offrirà» questo tesoretto Schifani chiederà a ogni segretario del centrodestra di assumersi la responsabilità di selezionare alcune misure da inserire in un maxi emendamento che sarà poi lo stesso governo a presentare in aula. Evitando quindi di aprire la bagarre sulle norme volanti dei deputati che rischiano di far lievitare la spesa inserendo mance che Roma impugnerebbe per effetto di accordi già presi con Schifani. «Discuterò con la maggioranza e assicurerò risorse per le forze politiche per aggiungere qualità alla manovra» è la sintesi che ha fatto il presidente ieri ricordando
come gli alleati abbiano rispettato il suo appello a ritirare gli emendamenti presentati in commissione. Nel maxi emendamento allo studio potrebbero finire norme che aumentano i budget di altri
convenzionati oltre quello dei laboratori di analisi (tema caro a Fratelli d’Italia e Noi Moderati)
e anche misure caldeggiate dalla Dc per i precari e per rinviare i canoni per l’acqua a carico degli agricoltori.
Il nuovo piano lavoro
Di sicuro ci sarà una norma che porterà la firma dello stesso presidente Schifani per sbloccare il
cosiddetto Piano Lavoro. È la correzione della legge varata nella Finanziaria 2024 che avrebbe assegnato alle imprese 10 mila euro per ogni neo assunto.
Il bando, arrivato però solo a dicembre scorso, è stato sospeso dopo il no di Bruxelles ai requisiti
inseriti. E ciò ha provocato l’ira di Schifani nei confronti del direttore del dipartimento Lavoro, Ettore Foti, che tra l’altro ha il contratto in scadenza a breve e ora rischia di non avere il rinnovo.
Il presidente riscriverà la norma evitando che passi quella che la Dc, che guida quell’assessorato con Nuccia Albano, aveva proposto come emendamento.
La versione di Palazzo d’Orleans cambia l’approccio, agganciandosi a una normativa comunitaria diversa dalla precedente ed evitando di cadere nell’equivoco degli aiuti di Stato alle imprese. Cambierà anche l’elenco dei lavoratori che possono essere assunti beneficiando del contributo: toccherà ai disoccupati da almeno sei mesi, ai giovani fra 15 e 24 anni, agli inoccupati con più di 50 anni e poi alle categorie «molto svantaggiate ».
Il nuovo testo amplia anche la platea delle aziende che possono accedere ai contributi, passando
dalle piccole e medie imprese alle grandi. L’aiuto non sarà fisso (si prevedevano 10 mila euro ad assunto) ma varrà il 50% del costo del lavoro. E scritta così la norma – secondo i tecnici di
Palazzo d’Orleans – non avrebbe bisogno di un preventivo via libera di Bruxelles. Visto che il nuovo bando coprirà la seconda fase dell’anno, dei 50 milioni originari ne verranno
investiti solo 25. E da ciò deriva parte del tesoretto che Schifani assegnerà alle proposte dei partiti.
Le poltrone di sottogoverno
Il vertice che il presidente ha convocato anticipando la richiesta che sarebbe arrivata degli
alleati dopo i lavori della commissione Bilancio di questa settimana avrà sul tavolo anche il tema delle nomine nel sottogoverno.
Sono almeno un centinaio quelle che si possono fare subito mettendo fine alla stagione dei commissari. C’è spazio in alcuni enti dal grande peso politico, in primis gli Istituti autonomi
case popolari e sigle storiche come l’Istituto Vino e Olio o l’Ente sviluppo agricolo. E poi anche vanno scelti i vertici degli Ersu (gli enti che assicurano il diritto allo studio) e dei consorzi universitari. E poi ci sono caselle vuote nei consorzi che si occupano del ramo alimentare e che gravitano intorno all’assessorato all’Agricoltura.
Un lungo elenco di poltrone dalle quali Schifani escluderà però quelle della sanità. Il presidente non affronterà in questa fase la scelta del successore di Daniela Faraoni alla guida
dell’Asp di Palermo, ritenendo che quell’incarico spetti a Forza Italia e non sia quindi oggetto di
confronto al tavolo con gli alleati.
Allo stesso modo Palazzo d’Orleans proverà a difendere l’incarico di Salvatore Iacolino, che oggi guida un ramo dell’assessorato alla sanità ma è finito nel mirino di Fratelli d’Italia e perfino di pezzi di Forza Italia.
Da La Gazzetta del Sud