Faccia a faccia Giovedì il segretario Nato chiede il 5% in armi. La premier vuol rimandare al 2035,
ma è sola. La Lega frena
Non ha appuntamenti in agenda prima di giovedì, Giorgia Meloni. La presidente del Consiglio da oggi preparerà insieme ai suoi collaboratori l’incontro più importante
della settimana prima di partire per il G7 in Canada di domenica prossima: il faccia a faccia con il segretario generale della Nato, Mark Rutte. I due si vedranno giovedì a Palazzo Chigi per preparare il vertice Nato dell’Aia del 24-25 giugno in cui sarà formalizzato il nuovo impegno per le spese militari per accontentare il presidente americano
Donald Trump: il 3,5% in investimenti per le armi e l’1,5% per la Sicurezza.
Il vertice sarà importante per due ragioni: in primo luogo, Meloni annuncerà a Rutte il raggiungimento dell’obiettivo del 2% delle spese militari rispetto al Pil. Poi i due dovranno parlare dei nuovi “target ” che saranno stabiliti al vertice dell’Aia di fine mese. Su entrambi i dossier, spiegano fonti di governo, la trattativa non è semplice.
Per quanto riguarda l’obiettivo minimo –cioè il 2% –l’Italia ha annunciato di esserci arrivata senza
fare nuovi investimenti nel settore della Difesa ma conteggiando diversamente alcune voci di spesa
come la guardia costiera e i servizi metereologici. Secondo un esponente dell’esecutivo a conoscenza delle trattative, questo è stato possibile dopo un lungo negoziato con i vertici dell’Alleanza Atlantica ma comunque ci sarà un controllo da parte dei funzionari della Nato per certificare i nuovi conti. Questo dovrebbe avvenire dopo il vertice dell’Aia di fine mese. E non sarà un passaggio scontato visto che a Bruxelles sono consapevoli della soluzione contabile quantomeno “creativa ” dell’esecutivo.
Ma il vero problema per il governo riguarderà soprattutto i nuovi target: il 5% già annunciato alla ministeriale della Difesa a Bruxelles dei giorni scorsi. Il ministro Guido Crosetto ha spiegato che per l’Italia questo obiettivo – pari circa a 70 miliardi in più di investimenti – è “irraggiungibile”. Solo per fermarci al 3,5% per la Difesa significherebbe aumentare ogni anno fino al 2035 la spesa militare di 4miliardi, metà di quanto costa il taglio del
cuneo fiscale, per fare solo un esempio.
Ma la trattativa sarà tutta diplomatica sui tempi perchè l’Italia chiede almeno di ritardare il raggiungimento del “target ” al 2035.
Dieci anni. Un periodo non casuale visto che allora la premier Meloni avrà già finito ampiamente anche il secondo mandato, in caso di ritorno a Palazzo Chigi nel 2027. Il problema è che Roma in questa battaglia è appoggiata dalla Gran Bretagna (che in realtà ci arriverà
prima, nel 2034), Spagna e Lussemburgo. Il resto dei Paesi europei – come Germania e Francia, d’accordo con Rutte – sono per il 2032, mentre i baltici (a partire dall’Estonia) chiedono addirittura di raggiungere l’obiettivo entro il 2030. Difficile che l’Italia ottenga il risultato e non è un caso che Rutte questa settimana sarà prima a
Londra (oggi) e poi a Roma (giovedì) per parlare con i capi dei governi più riottosi a raggiungere il prima possibile l’obiettivo.
Oltre ai tempi, da qui al vertice dell’Aia gli sherpa diplomatici dovranno anche decidere i nuovi parametri per raggiunger l’obiettivo.
E l’Italia proverà a chiedere più flessibilità possibile, per esempio a partire dalle infrastrutture strategiche ma passando anche per il valore delle armi che Roma ha inviato all’Ucraina dall’inizio della guerra nel 2022. Tanto più che Meloni ha un problema nella sua maggioranza: la Lega di Matteo Salvini che ha già fatto sapere di essere contraria a nuovi investimenti in armi. Non è escluso che Meloni riunisca nuovamente i vicepremier prima di giovedì.
Durante il faccia a faccia con Rutte, però, si parlerà anche di Ucraina.
Meloni vuole far diventare centrale la Conferenza per la Ricostruzione di inizio luglio e con Rutte
parlerà di evitare il disimpegno del presidente americano Donald Trump. A questo proposito, non è chiaro se all’Aia sarà presente il presidente ucraino Volodymyr Zelensky
o solo in collegamento. Gli europei sperano che ci sia.
Da ilFattoQuotidiano.it
