Al centro dell’indagine l’intervista di Paolo Borsellino ai giornalisti francesi sui rapporti tra Berlusconi, Dell’Utri e Mangano
Tra le carte investigative della Procura di Caltanissetta – che indaga sulla strage di via D’Amelio – spunta il nome di Marcello Dell’Utri. L’ex senatore e cofondatore di Forza Italia risulta indagato insieme a Silvio Berlusconi (fino al suo decesso). A dare la notizia è stato Marco Lillo sulle colonne del Fatto Quotidiano.
Secondo i magistrati, l’intervista rilasciata da Borsellino alla televisione francese il 21 maggio 1992 – mai andata in onda – potrebbe aver rappresentato un movente per l’accelerazione della strage, avvenuta appena 57 giorni dopo quella di Capaci.
L’ipotesi è che Cosa nostra abbia deciso di uccidere il magistrato temendo le sue dichiarazioni, nelle quali parlava delle indagini sui rapporti di Vittorio Mangano con Dell’Utri e del possibile interesse della mafia per Berlusconi. Si tratta di un’ipotesi investigativa, e va ricordata la presunzione di innocenza per tutti gli indagati.
Una pista investigativa – quella di Borsellino – che però avrebbe probabilmente minato, anzi impedito, la nascita del partito Forza Italia. Come più volte denunciato anche dal direttore di ANTIMAFIADuemila Giorgio Bongiovanni: “Paolo Borsellino voleva indagare su Silvio Berlusconi e Marcello Dell’Utri, e se non fosse stato assassinato Forza Italia non sarebbe mai nata”.
Una cassetta troppo scomoda
Già nel 1998 i pm nisseni avevano indagato Berlusconi e Dell’Utri come “mandanti esterni” delle stragi di Capaci e via d’Amelio. L’indagine venne archiviata nel 2002. In quel fascicolo era confluita anche la cassetta dell’intervista rilasciata da Borsellino ai giornalisti francesi Pierre Moscardo e Jean Claude Zagdoun (alias Fabrizio Calvi) per Canal+, nella quale il giudice parlava dei rapporti tra Mangano, Dell’Utri e Berlusconi.
L’intervista, pensata come parte di un documentario, ebbe una storia tortuosa: nel 1993 Calvi pubblicò in Francia un libro sulla mafia senza menzionare lo scoop, e anche l’edizione italiana uscita per Mondadori – gruppo di proprietà di Berlusconi – lo ignorò. Solo nel 1994 un estratto comparve su L’Espresso e sei anni dopo Sigfrido Ranucci riuscì a trasmettere parte del video su RaiNews, tra molte difficoltà. La versione più nota arrivò al grande pubblico nel 2001, quando Michele Santoro la mandò in onda su Rai2. Nel 2009 Il Fatto Quotidiano acquistò i diritti e distribuì un dvd con la versione integrale di un’ora, oggi disponibile su YouTube.

Paolo Borsellino intervistato dai giornalisti francesi Pierre Moscardo e Jean Claude Zagdoun
Dopo l’archiviazione del 2002, la Procura di Caltanissetta è tornata sul caso nel luglio 2022, esattamente trent’anni dopo la strage. Il procuratore Salvatore De Luca e l’aggiunto Pasquale Pacifico hanno chiesto e ottenuto dal Gip Santi Bologna la riapertura dell’inchiesta su Dell’Utri e Berlusconi, ponendo al centro proprio l’intervista di Borsellino realizzata due giorni prima di Capaci.
Una lunga pista investigativa
Come ricordato da Lillo sul Fatto, nel 2018 l’allora procuratore aggiunto Gabriele Paci aveva già sentito, in un fascicolo senza indagati, l’autore dell’intervista Jean Claude Zagdoun (poi morto nel 2021), Sigfrido Ranucci, i giornalisti de L’Espresso Leo Sisti e Chiara Beria D’Argentine, il giudice Leonardo Guarnottae Paola Mora, moglie dell’imprenditore Filippo Alberto Rapisarda, in rapporti con Dell’Utri.
Questa pista era stata già accennata nella sentenza della Corte d’Appello di Caltanissetta del marzo 2002: “Cosa nostra era in condizione di sapere che Paolo Borsellino aveva rilasciato una clamorosa intervista televisiva a dei giornalisti stranieri, nella quale faceva clamorose rivelazioni su possibili rapporti di Vittorio Mangano con Dell’Utri”. Secondo i giudici, non si poteva escludere “che i contenuti dell’intervista siano circolati tra i diversi interessati, che qualcuno ne abbia informato Riina e che questi ne abbia tratto autonomamente le dovute conseguenze”. La Corte riteneva plausibile che Riina avesse agito anche per “garantire per ora e per il futuro” determinati interessi, spiegando così “la fretta, l’urgenza e l’apparente intempestività della strage. (Bisognava) agire prima che in base agli enunciati e ai propositi impliciti di quell’intervista potesse prodursi un qualche irreversibile intervento di tipo giudiziario”.
Nel dicembre 2021, poco dopo la morte di Calvi, il giornalista Leo Sisti pubblicò su L’Espresso, insieme a Paolo Biondani, un’inchiesta rivelando che “un emissario Fininvest offrì soldi per censurare l’intervista a Canal Plus del magistrato, che accusava apertamente il boss Vittorio Mangano e confermava i suoi rapporti con il braccio destro del Cavaliere”.
Secondo Sisti, le rivelazioni provenivano da Fabrizio Calvi stesso, che sul letto di morte avrebbe detto: “So chi è stato il traditore. Un milione di dollari. In cambio dei nastri integrali”. A quel racconto rispose Michel Thoulouze, ex dirigente di Canal+, sostenendo l’opposto: sarebbero stati i giornalisti a chiedere denaro a Berlusconi, senza successo.
Due procedimenti paralleli sullo stesso fatto
Dopo la pubblicazione dell’articolo, Leo Sisti fu ascoltato nel maggio 2022 dal procuratore aggiunto Pasquale Pacifico, mentre Michel Thoulouze non venne sentito. Nel luglio 2022 la Procura riaprì l’indagine su Berlusconi e Dell’Utri: la morte del primo nel 2023 portò all’archiviazione della sua posizione, mentre per Dell’Utri l’inchiesta resta formalmente aperta ma, scaduti i termini nel 2024, i pm non possono più svolgere nuovi atti. Il fascicolo, numero 1765 del 2022, è coperto da segreto istruttorio e sembra destinato all’archiviazione.
La sua esistenza è emersa da un’altra richiesta di archiviazione, relativa al procedimento n. 1418 del 2017 contro ignoti sui mandanti esterni delle stragi. In quell’occasione, il Gip Graziella Luparello aveva invitato i magistrati a indagare sulla “pista nera” e sui presunti rapporti tra Giuseppe Graviano e Berlusconi. Tuttavia, nella nuova richiesta del novembre 2024, i pm hanno scritto che “non sono emersi elementi” a sostegno di quella pista e che “dalle dichiarazioni rese da Graviano non emergono elementi sulla scorta dei quali poter individuare eventuali ‘suggeritori occulti’ di Salvatore Riina”.
Nel documento si specifica che i magistrati “non possono trasmettere le risultanze afferenti agli accertamenti effettuati per verificare le cointeressenze economiche con Berlusconi a riscontro delle propalazioni di Graviano in quanto coperte da segreto” e che “in ordine al possibile coinvolgimento di uomini politici del tempo nella strage di via D’Amelio, quest’ufficio ha in corso di svolgimento ulteriori indagini nell’ambito del procedimento penale 1765/22 r.g.n.r. mod 21, allo stato coperto da segreto istruttorio”. L’inchiesta prosegue “in collegamento investigativo con la Procura di Firenze, con il coordinamento della Procura Nazionale Antimafia”.
Spetta ora al Gip Luparello decidere sull’archiviazione del fascicolo contro ignoti, mentre quello su Dell’Utri è affidato al Gip Bologna: due procedimenti paralleli che, pur riguardando lo stesso contesto, seguono – purtroppo – percorsi distinti.
Fonte antimafiaduemila.com di Jamil El Sadi
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