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Meloni imita Silvio e attacca le toghe, ma era un atto dovuto, la Procura di Roma non aveva altra scelta

Last updated: 30/01/2025 6:34
By Redazione 194 Views 4 Min Read
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Il procuratore Francesco Lo Voi non aveva scelta: doveva iscrivere nel registro degli indagati la
presidente del Consiglio Meloni, i ministri Piantedosi e Nordio e il sottosegretario alla Presidenza
Mantovano per trasmettere tutto al Collegio dei reati ministeriali informando “immediatamente’” gli indagati permettere loro di presentare memorie o farsi sentire.

Lo impone l’articolo 6 comma 2 della legge costituzionale n.1/1989, citato nella lettera cortese che Lo Voi ha spedito a Meloni.

Invece di attendere le decisioni del Collegio in silenzio Meloni ha preferito sparare la notizia sui
social.

Eppure il suo co-indagato Mantovano è un magistrato e le avrà spiegato le norme.

Quel video in cui la premier mostra quell’avviso scontato e ricorda che Lo Voi è il pm del processo “fallimentare” a Salvini sfiduciando poi di fatto lui e tutta la magistratura con frasi allusive
è un passo irresponsabile.

Che messaggio trasmette la presidente del Consiglio ai cittadini quando dice “io non mi faccio ricattare e non mi faccio intimidire”?
I cittadini sono portati a credere che ci sia una relazione tra quell’atto ostile del pm e il braccio di ferro che lei sta ingaggiando con la magistratura sulla separazione delle carriere.

Sono indotti a pensare che c’è da aver paura dei magistrati, perché anche la donna più potente d’Italia deve dire forte al popolo che lei non si fa intimidire e ricattare.
Se la premier fa intendere che quattro membri del governo sono vittime di un atto ingiusto dopo
un processo ingiusto contro un quinto membro del governo per fatti vecchi, è sensato chiedersi: “In che paese viviamo?”.

Questi messaggi passano proprio grazie all’asimmetria di conoscenze tra la potente premier che parla e il teleutente che la ascolta. Un politico buono cerca di colmare questo divario conoscitivo spiegando cosa prevede la legge ai cittadini.

Una cattiva politica sfrutta l’ignoranza per far credere agli elettori di vivere in un mondo che non esiste.
Un mondo dove un pm come Lo Voi (da sempre un moderato che piace ai moderati) diventa l’inquisitore spietato dei politici di destra.
Allora anche a costo di essere pedanti è bene ricordarlo: Lo Voi non aveva scelta.

Il procuratore ha ricevuto la denuncia di due reati ministeriali il 23 gennaio.

Per legge aveva solo 15 giorni di tempo per trasmettere il fascicolo “omessa ogni indagine” al Collegio dei reati ministeriali competente.

L’avvocato Luigi Li Gotti aveva postulato ipotesi di peculato e favoreggiamento tutte da dimostrare ma per fatti precisi contro 4 membri del governo indicati per nome.
Lo Voi non ha fatto altro che iscrivere i quattro per i reati ipotizzati girando tutto al Collegio.

Se davvero Meloni, Nordio, Piantedosi e Mantovano abbiano concorso a fare peculato e favoreggiamento inviando a Torino l’aereo per portare Almasri in Libia lo decideranno i giudici ‘speciali per i ministri’ romani.

La competenza non è di Torino perché l’aereo di Stato ha caricato (a spese nostre) a Caselle il comandante Al Masri accusato di crimini e torture.

Ma quell’aereo è partito da Roma. Qui, in teoria, inizierebbe il presunto peculato. Qui si radica la competenza.
Il collegio potrà fare indagini come un giudice istruttore del vecchio rito. Immaginiamo che sarà
acquisita la corrispondenza tra ministero della Giustizia e magistrati a monte delle procedure che
hanno portato al volo e al rimpatrio.
Meloni e compagni si potranno far sentire e al termine dell’istruttoria arriverà la decisione di
archiviare o chiedere l’autorizzazione a procedere al Parlamento.
Ove fosse concessa (ma parliamo di ipotesi astratte e totalmente premature) a decidere sarà il Tribunale ordinario, come accaduto a Palermo con Matteo Salvini

Finte ilFattoQuoitdiano

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