Colloquio con il presidente delM5S: la nostra linea è la stessa Dal leader Usa tante posizioni inquietanti, ho preso le distanze
ROMA. Ben più che indispettito, «furioso», dicono i suoi, con chi l’ha definito filoputiniano
e filotrumpiano.
“È una bestemmia”, sostiene. Giuseppe Conte serra i ranghi del M5S, minimizzando il dissenso fatto filtrare da alcuni dirigenti, e non arretra di fronte alle pressioni degli alleati, scandalizzati dal suo plauso alla strategia del presidente americano sull’Ucraina.
“Mai condivisi gli insulti a Zelensky — garantisce —. La mia linea è la stessa di prima ed è ampiamente concordata nel Movimento. Dà fastidio per la semplice ragione che ci avevamo visto giusto, che abbiamo il coraggio della verità e che non siamo al servizio della lobby delle armi”.
L’ex premier cerca di non entrare in polemica diretta con i futuribili alleati. Torna piuttosto
all’attacco di Giorgia Meloni.
Che “insieme con gli europei subalterni a Washington” — sponda Biden — “hanno lasciato
cadere una prospettiva negoziale a due mesi dall’aggressione di Putin con prospettive ben più favorevoli per l’Ucraina rispetto a quelle che si prospettano adesso”.
Di tutta l’alleanza pro Kiev —”tre anni di bugie e di folle escalation militare” — Conte non salva praticamente nulla: “Hanno fatto credere all’opinione pubblica che stavamo vincendo la guerra, che le sanzioni contro Putin stavano funzionando, che l’economia russa stava crollando, che i
russi avevano finito le armi.
Hanno detto che la controffensiva ucraina stava prevalendo, che Putin era malato e stava morendo. Hanno convinto che la Russia era isolata mentre ha rafforzato il legame con la Cina. Tutto pur di non impegnarsi nella sola possibile via d’uscita: il negoziato di pace”.
Nonostante anche il M5S fosse nel governo Draghi che varò il primo invio di armi a Kiev, per Conte quella sull’Ucraina è stata una “strategia fallimentare”. Di cui Meloni dovrebbe assumersi la responsabilità in Parlamento: “Hanno condannato l’Italia e l’Europa alla subalternità, rifiutandosi di investire sul negoziato — dice dell’attuale esecutivo, i cui provvedimenti sulle armi però sono votati anche da forze di opposizione — e invece pensano di cavarsela con la favoletta di Conte filorusso o filotrumpiano. Fake news, come al solito, su di me e sul M5S. Meloni e i suoi sodali bellicisti dovrebbero scusarsi di aver scommesso sulla vittoria militare di Kiev. Noi siamo stati i primi a denunciare l’assenza di una strategia politica da parte dell’Europa, i primi a denunciare che saremmo rimasti fuori dal negoziato”.
Conte prova ad allontanare anche il sospetto di una sua strategia di avvicinamento al tycoon: Io? Ma se sono il leader in Italia che più chiaramente ha preso le distanze da posizioni inquietanti assunte da Trump. Le respingo con forza: dalla riviera a Gaza che presuppone la inaccettabile
deportazione della popolazione palestinese, all’aumento delle spese militari all’introduzione
dei dazi. Mi auguro invece che il negoziato sia portato avanti con fermezza per tutelare al massimo l’Ucraina”.
Ne ha anche per Musk, per la “concentrazione di potere anche tecnocratico e
ricchezza che incarna”.
Ma la frattura tra il Pd e il M5S resta profonda. Dalla minoranza riformista dei dem arriva forte la richiesta di rompere con l’alleato.
Anche Peppe Provenzano, responsabile esteri nella segreteria, irrigidisce la posizione definendo “vergognose” le parole di Trump su Zelensky.
Tra i due fuochi rimane Avs che come Conte “condanna la deriva bellicista”, parole di Nicola
Fratoianni, ma considera Trump un “avversario frontale”.
Tanto più in questo quadro la manifestazione contro il governo annunciata da Conte per la metà di aprile, subita da Elly Schlein, è una mina da gestire per il Pd: tra i temi della piattaforma, centrale sarà proprio l’Ucraina.
Ben prima di aprile, poi, in vista del terzo anniversario dell’invasione russa che cade lunedì, sono stati organizzati presidi ovunque, anche a Roma.
Tutti i partiti hanno ricevuto l’invito ad aderire tranne Lega e M5S. Azione, Radicali, +Europa e alcuni dem parteciperanno.
E Schlein? Alle prese col faticoso equilibrio della sua linea — “non si polemizza con Conte, l’avversario è Meloni” —non ha ancora deciso.
Dal Corriere della Sera
