Dimissioni in massa dei dirigenti Regione, fuga dagli uffici fantasma
L’assessore in uscita, il vertice burocratico sfiduciato da Schifani: il caso Acqua e rifiuti
Lasciano in 48 fra responsabili delle dighe e addetti alla sicurezza: “Troppe responsabilità”.
Nel centrodestra è già corsa per la successione in giunta al lombardiano Di Mauro
È l’assessorato divenuto epicentro delle frizioni politiche e degli appetiti nel centrodestra.
A corto di personale, depotenziato, in parte commissariato. Ma è anche la stessa struttura regionale
che nei prossimi anni sarà chiamata a gestire il business delle energie rinnovabili in nome della
rivoluzione “green”.
Attorno alla delega all’Energia, formalmente ancora nelle mani dell’autonomista Roberto Di Mauro che ha dapprima annunciato le dimissioni e poi fatto un passo indietro, si muove in silenzio uno dei fronti politici aperti nella maggioranza.
La goccia che ha fatto traboccare il vaso, inclinando i rapporti tra il governatore e l’assessore autonomista, è stato lo scandalo della diga Trinità. Su cui è intervenuto il ministero, imponendo lo svuotamento per mettere in sicurezza l’infrastruttura a rischio.
E adesso proprio in quel settore un nuovo terremoto: 22 responsabili delle dighe e 26 responsabili della sicurezza gettano la spugna e rassegnano le dimissioni dagli incarichi.
Ma se la poltrona di Di Mauro resta in bilico, è Schifani a sottolineare a ogni occasione che non ci sarà un rimpasto in giunta: sono previsti soltanto dei cambi laddove richiesti dai partiti, mantenendo però le deleghe di inizio mandato.
Tutto chiaro, almeno fino al commissariamento di Fratelli d’Italia.
Adesso gli alleati si chiedono se gli equilibri verranno mantenuti o meno, dopo la spallata alla cosiddetta corrente turistica dei meloniani.
E gli appetiti attorno alla delega all’Energia sembrano improvvisamente moltiplicati.
Già dalla campagna elettorale Renato Schifani non aveva fatto mistero di puntare agli stessi poteri
commissariali riconosciuti a Roma a Roberto Gualtieri per la realizzazione dei termovalorizzatori.
Una partita da 800 milioni di euro su cui gli uffici guidati da Di Mauro non toccheranno palla.
E non va meglio guardando alle altre infrastrutture da realizzare coi fondi europei in attesa dei due termovalorizzatori di Palermo e Catania: una delibera di giunta a inizio gennaio ha affidato la responsabilità di 7 diversi interventi all’ufficio speciale per la valorizzazione energetica, guidato da Salvo Cocina.
E anche sull’emergenza siccità, la realizzazione dei tre dissalatori è stata affidata alla struttura commissariale nazionale guidata da Nicola Dall’Acqua.
Non c’è da stupirsi, considerato che gli uffici di viale Campania a Palermo possono contare sulla metà della forza lavoro di cui disponevano dieci anni fa.
Interi settori in affanno, scartoffie che si impilano sulle scrivanie dove a smaltire il lavoro arretrato è rimasta sempre meno gente.
In piena emergenza siccità, dallo scorso settembre a restare scoperto è stato persino il servizio
dighe, dopo il pensionamento del dirigente.
Così come l’ufficio Bonifiche o quello ai Rifiuti.
Poco meglio al dipartimento Energia, che non tocca palla sull’eolico offshore perché di competenza statale, ma si trova al centro dell’intera partita sulle rinnovabili, dall’eolico fino al fotovoltaico. Tutti settori che arrancano.
In questo quadro il nuovo terremoto arriva dagli ingegneri responsabili delle dighe: sono 22 in
tutto, tra i titolari e i sostituti degli incarichi, che tra il 10 e il 12 febbraio scorsi hanno rassegnato le dimissioni, con effetto dal primo maggio.
Insieme a loro, a fare un passo indietro sono 26 responsabili della sicurezza: tutte dimissioni arrivate sul tavolo del direttore generale e comunicate a metà febbraio alla presidenza della Regione.
Da allora nulla si è sbloccato.
Formalmente, gli ingegneri lamentano il mancato riconoscimento delle indennità di carica a fronte
del carico di responsabilità che sono chiamati a gestire.
Ma tra gli uffici si fa spazio un’altra ipotesi: attorno ai nuovi interventi da realizzare sulle infrastrutture del sistema idrico ci sarebbe stata poca trasparenza e condivisione.
E alla fine chi era chiamato a mettere la propria firma avrebbe scelto il clamoroso passo indietro. I sindacati adesso chiedono un incontro urgente al governatore: l’ennesima grana dell’assessorato con cui Schifani dovrà fare i conti.
Fonte laRepubblicaPalermo
