Assessori e dirigenti convocati il 31 marzo. Opere idriche e programmi per il lavoro i nodi critici. Bianchi: “Così si rischia la riprogrammazione”
L’ultimatum è di quelli che non ammettono repliche: nove assessori e quindici dirigenti regionali
hanno tempo fino al prossimo 31 marzo per mettere ordine tra documenti, scartoffie e stato di
avanzamento del Pnrr e del piano nazionale complementare.
Qualora i conti non dovessero tornare, a rischiare la poltrona saranno gli alti burocrati, come previsto da una direttiva di dicembre, firmata direttamente da Schifani.
Dalla cabina di regia regionale per il Pnrr è emerso un quadro preoccupante: i ritardi riguardano
soprattutto i dati caricati sulla piattaforma Regis, ma anche i disallineamenti contabili tra i sistemi
di gestione e la spesa ai minimi.
Il rischio di perdere i fondi c’è.
Schifani non ne fa mistero e insiste: «Non possiamo permetterci che risorse destinate allo sviluppo della Sicilia tornino indietro».
Sullo stato di avanzamento del Pnrr, il dato è noto: l’Isola è ferma al 13 per cento della spesa. Non va meglio sulle altre misure: dall’ultimo monitoraggio al 31 dicembre, la spesa del Fesr è ferma all’1% su un valore complessivo di 5,8 miliardi di euro, mentre per il fondo sociale europeo (che vale un miliardo e mezzo) lo stato di avanzamento della spesa raggiunge il 7 per cento.
“È evidente che la Sicilia ha una difficoltà di spesa”, osserva il direttore dello Svimez, Luca Bianchi. Con un’aggravante: “Se sei in ritardo sul Pnrr, inevitabilmente ti concentri su quello, tralasciando altro. Praticamente rischiamo di avere più fondi che capacità di spesa”.
Un elemento non secondario in un momento in cui si parla di usare le risorse di coesione per il piano Rearm Eu.
Opzione alla quale Schifani si è detto contrario.
Ma adesso lo Svimez avvisa: il basso tasso di spesa «potrebbe determinare, come avvenuto in passato una forte pressione della Commissione e delle stesse istituzioni nazionali per un loro utilizzo per investimenti nella difesa”.
Insomma, dire “no, grazie” all’uso del Pnrr per il piano di riarmo europeo non basta: quei fondi bisogna anche spenderli per non correre il rischio che vengano riprogrammati altrove.
Secondo Palazzo d’Orleans, sono tredici le misure specifiche che presentano “difficoltà significative nel raggiungimento dei target previsti per quest’anno”.
Tra quelle che passeranno sotto la lente d’ingrandimento di Schifani a fine mese, non mancano le infrastrutture idriche, in una fase in cui la Regione ricomincia a guardare al meteo con attenzione
per non ricadere nell’incubo emergenza siccità dello scorso anno.
Oltre 90 milioni di euro sono progetti finanziati col Pnrr per interventi sulla diga Castello e sulla diga
Pietrarossa.
Ma c’è anche il progetto Gol: il programma, cioè, che avrebbe dovuto accompagnare i percettori del
Reddito di cittadinanza dal famigerato divano a un impiego fisso attraverso attività di formazione e orientamento al lavoro.
Per il quale sono stati previsti a livello nazionale cinque miliardi e mezzo dal Pnrr.
Ma in Sicilia l’esperimento è fallito in maniera più grave che altrove.
Solo due siciliani su dieci, tra quelli che ne hanno fatto richiesta, hanno potuto contare su uno degli strumenti del programma.
Non è tutto: tra le misure al vaglio della presidenza, ci saranno anche quelle sui Centri di facilitazione
digitale, dal sistema duale alla tutela e valorizzazione dell’architettura e del paesaggio rurale, dal rinnovo del parco ferroviario regionale e l’acquisto di autobus extraurbani, fino all’elettrificazione delle banchine del porto di Siracusa, i corsi di formazione in infezioni ospedaliere, l’adozione del fascicolo sanitario elettronico.
Per la Cinquestelle Roberta Schillaci “C’è un rischio concreto di disimpegno dei fondi e di una conseguente restituzione a Bruxelles”, per questo chiede una seduta all’Ars per un “piano di impegni
e spesa comunitari credibile”
Fonate laRepubblicaPalermo
