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Trump non uscirà dalla Nato, “ma alleati spendano 5% Pil in difesa”

Last updated: 04/04/2025 17:36
By Redazione 107 Views 7 Min Read
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Il segretario di Stato Usa Marco Rubio prova a rassicurare l’Ue, ma gli alleati europei e il Canada dovranno spendere di più, molto di più

Gli Stati Uniti d’America sono nella Nato e ci resteranno, ma gli alleati europei e il Canada dovranno spendere di più, molto di più, per la difesa. Il segretario di Stato Marco Rubio, arrivato a Bruxelles per la Ministeriale Esteri della Nato in vista del vertice dell’Aja di fine giugno, ha provato a rassicurare gli europei, spiegando che il presidente Donald Trump non intende uscire dall’Alleanza, ma è semplicemente contrario ad una Nato che non si dà i mezzi necessari ad adempiere ai suoi doveri.

Trump, ha detto, “è contro una Nato che non ha le capacità necessarie per adempiere agli obblighi che il Trattato impone a ogni singolo Stato membro”. Per Rubio, sui media si leggono “isterie” a proposito di un eventuale abbandono della Nato da parte degli Usa, che “non sono giustificate”. L’Alleanza, ha spiegato, deve diventare “più forte” ed è perfettamente in grado di farlo, perché è composta da “economie avanzate, Paesi ricchi che hanno la capacità di fare di più” nella difesa.

Rubio è ben consapevole del fatto che aumentare le spese per la difesa significa tagliare i bilanci pubblici da qualche altra parte, e che per gli europei comporterà tagli alla spesa sociale. Si tratta di “trade-off”, scelte al margine, che “dobbiamo fare ogni singolo anno anche nel nostro Paese, ve lo assicuro”.

Nessun governo taglia volentieri la spesa sociale per finanziare la difesa, perché è impopolare e comporta un prezzo in termini di consenso. Neanche gli Usa lo fanno volentieri: “Abbiamo anche noi esigenze interne – spiega – ma abbiamo dato priorità alla difesa, a causa del ruolo che svolgiamo nel mondo, e vogliamo che i nostri partner facciano lo stesso. Capisco che ci sono politiche interne, dopo decenni di costruzione di vaste reti di sicurezza sociale”. E i Paesi europei “forse non vogliono” sottrarre risorse a quei capitoli di spesa, “per investire di più nella sicurezza nazionale”.

Purtroppo, ha continuato Rubio, “gli eventi degli ultimi anni, con una guerra terrestre su vasta scala nel cuore dell’Europa”, quella scatenata dalla Russia in Ucraina, “ci ricordano che la potenza è ancora necessaria come deterrente. E quindi – ha sottolineato – vogliamo andarcene da qui con la consapevolezza che siamo su un percorso realistico”, per ottenere che “ogni singolo membro” dell’Alleanza “si impegni e mantenga una promessa di raggiungere fino al 5% di spesa, inclusi gli Stati Uniti”, che dovranno aumentarla anche loro, in rapporto al Pil.

Perché, ha continuato Rubio, “se le minacce sono davvero così terribili come credo, e come credono i membri di questa alleanza, allora questa minaccia deve essere affrontata con un impegno totale e reale, per avere la capacità di affrontarle”. Di fatto, Rubio ha ripetuto, dando un obiettivo di spesa più elevato in rapporto al Pil di quello concordato nel 2014 (il 2%), quello che gli Stati Uniti d’America vanno ripetendo da anni e anni, sotto ogni Amministrazione, sia pure con toni diversi.

Lo stesso segretario generale della Nato, Mark Rutte, un veterano del Consiglio Europeo, che quando era premier dell’Olanda era l’alfiere dei Frugali, campioni dell’austerità, ha ricordato che le richieste degli Usa “non sono nuove”. Gli Stati Uniti, semplicemente, devono impegnarsi anche su altri scacchieri, in particolare nel Pacifico, e non possono più pagare così tanto per la sicurezza degli europei. Europei che il segretario alla Difesa Pete Hegseth nella chat Signal ormai famosa ha accusato di “free-loading”, di scroccare in pratica, cosa che ha sollevato indignazione a Bruxelles. Ma Barack Obama nel 2016 li aveva chiamati pubblicamente “free riders”, termine che si traduce nello stesso modo: “Scrocconi”.

Rutte ha detto che sicuramente l’obiettivo che verrà ufficializzato all’Aja, sarà “sopra il 3%”. Mercoledì aveva aggiunto “ampiamente”. Per il ministro degli Esteri estone Margus Tsakhna, l’obiettivo dovrà essere “almeno il 3,5% del Pil, per tutti”.

Si vedrà se tutti gli alleati si lasceranno convincere a procedere con decisione verso una spesa militare così elevata: i Paesi del Sud Europa, come Italia e Spagna, hanno opinioni pubbliche che percepiscono la Russia in modo molto diverso rispetto ai polacchi, agli estoni, ai lettoni e ai lituani. E dunque, qualunque governo pagherebbe un prezzo in termini di consenso se tagliasse la spesa sociale per investire nella difesa.

Il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha assicurato che l’Italia arriverà ad una spesa pari al 2% del Pil, come si era impegnata a fare nel 2014, ma “se si chiede di arrivare al 5% e contemporaneamente si pongono i dazi, è un po’ difficile fare entrambe le cose”, ha notato. Infine, Rubio ha cercato di rassicurare la Danimarca, affermando che gli Usa hanno una “relazione forte” con Copenhagen, finita nel mirino di Donald Trump per via della Groenlandia, che gli Usa considerano fondamentale per la loro sicurezza nazionale e che il presidente vuole.

Rutte ha mediato, dicendo che i Paesi alleati che si affacciano sull’Oceano Glaciale Artico dovranno lavorare insieme per migliorare la presenza nella zona, dove la Russia si sta ulteriormente rafforzando e dove la Cina percorre i “corridoi marittimi”. Mentre la Nato manca di “rompighiaccio”, indispensabili per pesare militarmente nell’Artico. Rompighiaccio che non costano poco. Dunque, si torna sempre allo stesso punto: gli alleati dovranno rassegnarsi a spendere di più per la difesa, dopo decenni di tagli ai bilanci.

Fonte Adnkronos

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