In Sicilia oltre un milione di lavoratori instabili e salari più bassi La Cgil: “Importante andare alle urne l’8 e il 9 giugno”
Nella Sicilia con oltre un milione di lavoratori precari, il 30 per cento dei quali sotto la soglia di povertà, l’appuntamento con le urne di domenica e lunedì prossimi per votare sui cinque
referendum acquista un significato particolare.
Perché i primi tre quesiti riguardano proprio i diritti dei lavoratori licenziati e le regole sui contratti a termine.
Il primo quesito prevede l’eliminazione di un decreto del Jobs Act che regola i contratti a tutele
crescenti nelle imprese con più di 15 dipendenti, ripristinando l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori che sancisce il diritto per chi è stato licenziato senza giusta causa al reintegro nel posto di lavoro e non solo al risarcimento del danno.
Il secondo quesito riguarda i lavoratori delle imprese con meno di 15 dipendenti, la maggioranza di quelle siciliane, e vuole abolire il limite massimo di sei mensilità per l’indennizzo previsto nel caso in cui un giudice abbia stabilito che il licenziamento è stato illegittimo. Con la vittoria del “Sì” torna al tribunale del Lavoro la decisione dell’ammontare dell’indennizzo che deve corrispondere al danno subito.
Infine il terzo quesito riguarda i contratti a tempo determinato e mira ad eliminare la possibilità che questi si possano adottare senza alcuna giustificazione. In particolare torna l’obbligo della “causale” anche per contratti fino a 12 mesi. Se vince il “Sì” il ricorso al tempo determinato nei limiti di un massimo di 24 mesi sarebbe possibile soltanto nei casi decisi dalla contrattazione nazionale collettiva.
Gli altri due quesiti che saranno al centro delle altre due puntate del nostro viaggio nei referendum
riguardano le norme sugli infortuni sul lavoro e quelli sulla cittadinanza per naturalizzazione.
«Con questi referendum — spiega il segretario della Cgil Sicilia, Alfio Mannino — c’è in ballo molto
di più delle singole norme. Noi abbiamo ereditato dai nostri padri tutele e diritti per i lavoratori migliori di quelli che avevano loro. Adesso rischiamo di consegnare ai nostri figli un lavoro senza garanzie. Per questo bisogna votare “Sì”, soprattutto in Sicilia dove il lavoro è sempre più precario».
Secondo i dati del sindacato, fra i promotori del referendum, in Sicilia su 899 mila lavoratori subordinati e 1,4 milioni di occupati in totale, soltanto 340 mila hanno un contratto a tempo indeterminato full time.
Significa che nell’Isola solo il 24,9% dei lavoratori dei settori privati ha un contratto a tempo pieno e indeterminato contro la media nazionale del 39,6%. E sui salari lordi lo scarto è di 6.500 euro annui.
La media siciliana si ferma, infatti, a 17.135 euro contro i 23.662 euro della media nazionale.
Il paradosso, però, è che proprio nella patria del precariato l’astensione potrebbe essere più forte
che altrove. «Noi abbiamo un gap iniziale del 12 per cento di affluenza in meno rispetto alla media
nazionale in qualunque consultazione — spiega Mannino — a questo si aggiunge anche la grande
quantità di studenti e lavoratori fuori sede che risultano residenti in Sicilia. Alcuni hanno scelto di
votare a distanza, ma i termini scadevano settimane fa, quando ancora del referendum si parlava pochissimo.
Malgrado questo, soprattutto fra i giovani, in queste settimane stiamo registrando una massiccia mobilitazione. Non aiutano, però, gli inviti all’astensionismo di buona parte dei partiti di
maggioranza, significa non avere senso delle istituzioni ma anche volere alimentare la sfiducia e la
rassegnazione dei cittadini. In questo senso ci conforta il monito del presidente della Repubblica,
Sergio Mattarella, non solo a favore della partecipazione al normale esercizio della democrazia ma
anche nei confronti delle istituzioni affinché lo promuovano sempre ». Se la Cisl ha lasciato libertà
di opinione ai suoi iscritti, dalla Uil arriva l’invito a votare “Si”:
«Non siamo fra i promotori — spiega la segretaria regionale, Luisella Lionti — ma combattiamo per il lavoro stabile, l’applicazione di contratti regolari, per la contrattazione collettiva. I referendum rientrano in questa battaglia per i diritti dei lavoratori siciliani».
