Il premier conferma le accuse sul sostegno a gang filo-Isis nella Striscia. Ancora bombe sugli ospedali, ancora giornalisti uccisi. La fondazione Usa ferma gli aiuti, poi mente: «Abbiamo consegnato 1,4 milioni di pasti»
La più feroce, organizzata, duratura operazione di sterminio di una popolazione a cui sia mai stato possibile assistere in diretta quotidiana.
Per questo è anche un esperimento per tutto l’Occidente che da venti mesi lascia che Israele proceda nella distruzione delle vite umane e insieme di ogni regola del diritto internazionale. Irrecuperabili
le prime, dopo Gaza è inservibile anche il secondo. E le deboli parole di condanna verso il governo Netanyahu, che solo adesso arrivano, troppo spesso sono smentite da un sostegno materiale alla sua guerra che non si interrompe. Non c’è altro che valga la pena raccontare più della tragedia quotidiana di questa pulizia etnica predatoria che sta rendendo Israele odioso alle opinioni pubbliche del mondo, anche in ragione della
connivenza dei suoi alleati, rinfocolando il male dell’antisemitismo. Niente altro se non la voglia di vita e la capacità di resistenza dei palestinesi, a Gaza come in Cisgiordania, cinicamente messe in gioco da Hamas e scientificamente prese di mira dal governo israeliano. Una sciagura cominciata assai prima del brutale attacco terroristico del 7 ottobre ma che da quel giorno si è aperta come una voragine nella storia, un abisso della civiltà che non si può smettere di guardare e raccontare.
Israele sta armando a Gaza una milizia locale formata da criminali e jihadisti filo-Isis. Lo ha dichiarato ieri l’ex ministro della difesa Avigdor Lieberman durante un’intervista alla radio pubblica Kan Bet. Cento, forse duecento uomini guidati da Yasser Abu Shabab con lo scopo di indebolire Hamas.
«Israele ha dato fucili d’assalto e armi leggere alle famiglie criminali a Gaza per ordine di
Netanyahu – ha dichiarato Lieberman. Dubito che sia passato attraverso il gabinetto di sicurezza.
Nessuno può garantire che queste armi alla fine non saranno rivolte contro Israele». Secondo l’ex ministro e leader del partito Yisrael Beiteinu (ultranazionalista laico), Netanyahu sta usando le milizie per indebolire Hamas, proprio come Hamas è stata potenziata in funzione anti Autorità palestinese. Quds News riporta che Abu Shabab è noto a Gaza per la sua vicinanza a gruppi estremisti e per attività criminali, tra cui lo spaccio di stupefacenti.
È considerato un collaborazionista di Israele.
Le sue milizie hanno ammesso di aver saccheggiato aiuti alimentari delle Nazioni unite e operano in una zona sotto il diretto controllo dell’esercito israeliano. In alcuni video pubblicati da Abu Shabab, si vedono i suoi uomini allestire un campo di tende e scaricarvi pacchi di cibo. Il quotidiano israeliano Haaretz ha identificato la posizione grazie alle immagini satellitari fornite da
Planet Labs. Sedici tende sono in costruzione a est di Rafah, tra il corridoio Filadelfia e l’asse Morag, solo a cinque km a nord dal valico di Kerem Shalom. Le truppe israeliane occupano l’intera fascia. Video diffusi nelle scorse settimane mostrano le milizie che ispezionano ambulanze della Croce Rossa e convogli Onu. Netanyahu ha ammesso tutto: «Abbiamo gestito clan che si oppongono ad Hamas. Cosa c’è di sbagliato?» Ogni mezzo è considerato lecito per Israele. Anche affamare un’intera popolazione o bombardare tende e ospedali.
Ieri per l’ottava volta dal 7 ottobre 2023, l’esercito ha attaccato l’ospedale Battista Al-Ahli di Gaza City. Tre palestinesi uccisi, Suleiman Hajjaj, Ismail Badah e Samir Al-Rifai, tutti giornalisti.
Un quarto è grave e decine di persone sono rimaste ferite.
Il direttore ha dichiarato che il personale sanitario ha deciso di non sospendere le sue attività:
«Non abbiamo altra scelta ha detto ad Al-Jazeera – Siamo l’unico ospedale nella parte nord». La mamma di Suleiman ha raccontato disperata che non hanno avuto il coraggio, all’inizio, di dirle che era stato ucciso: «È stata una persona gentile e buona per tutta la sua vita. Mio figlio è un giornalista e io sono fiera di lui».
L’esercito, come sempre, ha dichiarato di aver colpito un «centro operativo» e di aver ucciso un membro della Jihad islamica, senza specificarne il nome. Gli attacchi israeliani hanno ammazzato 70 persone in 24 ore e ne hanno ferite 189.
I bombardamenti sono diventati più numerosi negli ultimi giorni e tutto accade mentre il blocco di aiuti umanitari continua ad aggravare la fame.
La mancanza di acqua e l’arrivo del caldo rendono estremamente pericolosa la situazione sanitaria e senza medicine anche le malattie più comuni non possono essere curate.
Contare il numero dei morti diventa a volte impossibile: la protezione civile ha pochi mezzi
e senza carburante i feriti e i corpi non possono essere recuperati.
Rimangono per la strada o sotto le macerie. Quei pochi camion gestiti dalla fondazione
israelo-americana che controlla l’ingresso degli aiuti, sono stati bloccati per due giorni.
Ieri mattina la Ghf (Gaza Humanitarian Foundation) ha annunciato che avrebbe tenuto i cancelli chiusi anche giovedì, ufficialmente per ragioni di «manutenzione e riparazione ». L’esercito ha intimato alla popolazione di non avvicinarsi alle strutture, considerate zona militare. Inaspettatamente, in serata, la stessa fondazione ha poi dichiarato di aver addirittura distribuito 1,4 milioni di pasti «senza incidenti». In un’inchiesta, la Cnn ha analizzato filmati e testimonianze relativi alle stragi dei palestinesi
intorno ai centri di distribuzione della Ghf. L’emittente ha concluso che il suono degli spari, come i proiettili recuperati sulla scena, sono compatibili con le armi in dotazione all’esercito israeliano. Anche la geolocalizzazione dei video conferma le dichiarazioni dei testimoni, che hanno accusato i militari di aver sparato sulla folla. Stati uniti e Israele continuano a difendere il lavoro della Ghf e la salda unione di intenti tra Washington e Tel Aviv è stata riconfermata durante il voto al Consiglio di sicurezza Onu di mercoledì: gli Usa hanno posto il veto sulla risoluzione che chiedeva un cessate il fuoco immediato.
Intanto ieri le analisi del Dna hanno confermato che due corpi recuperati dai soldati a Gaza appartengono agli ostaggi israelo-americani Gadi Haggai e Judy Weinstein-Haggai, 73 e 70
anni, uccisi il 7 ottobre 2023. A Marsiglia i portuali ieri sono riusciti a bloccare i 19 pallet di componenti per mitragliatrici pronti a
partire per Israele. La notizia è stata data dalla segretaria generale della Cgt Sophie Binet: «Siamo molto orgogliosi di questa azione, guidata dai nostri compagni: si inserisce nella tradizione internazionalista per la
pace del nostro sindacato». Dopo Marsiglia la palla passa ai lavoratori genovesi sostenuti dall’Usb che erano pronti già ieri a
fermare il transito. E che rilanciano verso lo sciopero del 20 giugno e il corteo nazionale contro il
riarmo del giorno successivo.
Da il manifesto
