«Tutto quello che è stato scritto e che ho letto in questi giorni è un poco come le leggende: alcune verità corredate di molte invenzioni»
Lo dice in latino ed anche in inglese, per chi non si fidasse dell’italiano. Niente dimissioni per il caso Almasri. Chi le chiede è «nuts», folle. Quelle uscite sui giornali sono «invenzioni», «leggende», perché «gli atti che abbiamo smentiscono radicalmente ciò che è stato riportato». Il ministro della Giustizia Carlo Nordio, finito nuovamente nel mirino per la vicenda del comandante libico Osama Njeem Almasri non consegnato alla Corte penale internazionale, respinge con forza gli attacchi delle opposizioni, che però continuano. Mentre è attesa a giorni la decisione del Tribunale dei ministri che ha indagato il guardasigilli, insieme al collega Matteo Piantedosi, al sottosegretario Alfredo Mantovano ed alla premier Giorgia Meloni: archiviazione o richiesta di autorizzazione a procedere.
«Tutto quello che è stato scritto e che ho letto in questi giorni – sostiene Nordio – è un poco come le leggende: alcune verità corredate di molte invenzioni. Non posso entrare nei particolari perché c’è il famoso segreto istruttorio, ma la parte, chiamiamola così, più succulenta che ha sollevato tante polemiche non corrisponde a verità». La parte «più succulenta» è la mail che la capa di Gabinetto di via Arenula, Giusi Bartolozzi, ha inviato all’ex capo del Dipartimento affari di giustizia, Luigi Birritteri, il 19 gennaio – giorno dell’arresto di Almasri – per chiedergli di trattare il caso con cautela e di comunicare su Signal per avere riservatezza. Mentre il Guardasigilli, nell’informativa alla Camera del 5 febbraio, aveva riferito che solo il 20 gennaio al ministero era pervenuto dall’Aja il «complesso carteggio» sulla vicenda.
Il ministro non si scompone. «Riferiremo in Parlamento quando sarà il momento. Da ex magistrato – premette – sarebbe improprio se entrassi nei dettagli di una indagine che è ancora in corso” e «quando saranno esibiti gli atti, potrete vedere chi aveva ragione e chi aveva torto. Dico però chiaramente – sottolinea – che quello che ho letto non corrisponde a verità; al Parlamento ho sempre detto la verità». Ed al dem Filippo Sensi, che al question time in Senato dice di considerarlo «ministro dimissionario», replica: «voi pensate chi io sia dimissionario perché questo è il vostro desiderio, ma è un wishful thinking. Hic manebimus optime». Piuttosto, osserva, ci sono state “violazioni di atti riservati di cui non si capisce come qualcuno sia entrato in possesso. Anche questo sarà eventualmente oggetto di chiarimento da parte dell’autorità giudiziaria». La legale Giulia Bongiorno sta infatti valutando una denuncia per divulgazione di atti coperti da segreto per i documenti dell’indagine finiti sui giornali.
Non si fermano, intanto, le critiche dell’opposizione. Per Chiara Appendino (M5s) «Giorgia Meloni ha orchestrato una pagina vergognosa della storia d’Italia e deve agli italiani la verità, perché siamo davanti a un grave depistaggio di Stato». Sul caso Almasri, afferma Raffaella Paita (Iv), «il ministro Nordio ha mentito al Parlamento e deve quindi venire in Aula a rispondere alle domande, non può fuggire. Deve dire qualcosa di chiaro, spiegare cosa è accaduto, e chiedere scusa per aver mentito al popolo italiano». Secondo Nicola Fratoianni (Avs), «prima che il Tribunale dei ministri serve il tribunale della verità e della decenza. Siamo di fronte a un gigantesco scandalo in questo Paese».
Dei 4 indagati la posizione più delicata appare proprio quella di Nordio, che deve rispondere anche – a differenza degli altri tre – di omissione di atti d’ufficio. In ogni caso è prevedibile che un’eventuale richiesta di autorizzazione a procedere nei confronti di membri del governo verrà respinta dal Parlamento, per i numeri della maggioranza. Il Tribunale depositerà gli atti alla procura ordinaria, che potrà poi muoversi – se lo riterrà – per valutare altre posizioni, come quella di Giusi Bartolozzi, sentita come persona informata dei fatti.
Da La Gazzetta del Sud

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