I rapporti con l’ex portavoce e con l’amica Marianna Amato al centro dell’inchiesta che si avvia
alla conclusione
Il giorno in cui l’imprenditrice Marcella Cannariato provò a imporre la sua linea, escludendo
Marianna Amato dall’organizzazione di un evento, il presidente Galvagno fece la voce grossa:
«Marianna è di Manlio Messina, non la può fare fuori, perché i soldi glieli sto dando».
Il presidente era perentorio: «Io più di darvi i soldi, cosa devo fare?».
Eccolo, secondo la procura, il patto di scambio: Galvagno assegnava lauti finanziamenti agli imprenditori, che poi dovevano dare incarichi e consulenze a un “cerchio magico” di organizzatori di eventi.
Le intercettazioni fatte dal nucleo di polizia economico finanziaria su disposizione della procura di Palermo hanno svelato anche il metodo di assegnazione dei finanziamenti.
Diceva Galvagno a proposito di un esponente politico a cui voleva assegnare tanti contributi: «Vabbè, il consiglio che do io, scriviamo nel maxi emendamento che dobbiamo distribuire… non li scriviamo tutti in fila quelli di “Uomo 56”, perché sennò sono facilmente individuabili ».
Uno dei collaboratori del presidente dell’Ars, Rino Aitala, rassicurava: «No, siccome andranno poi nei fondi per ogni singolo dipartimento o assessorato, non si vedranno più chi sono».
L’altro collaboratore, Alberto Fusco, chiosava: «Vengono ripartiti in sei voci di spesa separati».
E Galvagno commentava orgoglioso, era il 17 luglio 2024: «Va beh, importante che noi ragazzi non
sbagliamo, perché abbiamo la responsabilità di una manovra tutta nostra, cioè, non c’è “Uomo 8”,
non c’è “Uomo 72”, è a trazione nostra cento per cento».
Secondo la procura, una gestione poco limpida della cosa pubblica.
Alimentata dalla portavoce di Galvagno, Sabrina De Capitani, che diceva chiaramente all’amica
Marianna Amato: «Dobbiamo essere delle lobbiste, cioè io questo ho fatto nella vita». E al compagno spiegava così le mosse del suo presidente: «Io ho capito la strategia di Gaetano, quella di mettere le persone nei posti strategici, nei posti giusti, perché così lui quando ha bisogno di chiedere un favore o fa sì che ci sia un’assunzione o tutte ’ste menate lui ha potere di risposta nei confronti del territorio».
Sabrina De Capitani era davvero una fedelissima di Galvagno: «Io non mi devo dimenticare che lavoro per il partito e non per il Parlamento – diceva ancora a Marianna Amato, quando si discuteva di un evento da organizzare sul tema della violenza contro le donne – magari Gaetano ha delle fondazioni che invece preferisce che vengano riconosciute rispetto alle altre».
Secondo la ricostruzione dell’accusa, una gestione privatistica della cosa pubblica.
Sabrina De Capitani ribadiva «di essere entrata nel mondo della lobby e di volere fare tutti gli accordi». E una sera raccontò che sarebbe andata «a Mondello in un locale con gli otto imprenditori
più importanti della Sicilia». Scrivono gli investigatori: «Imprenditori che vorrebbero sostenere
Galvagno alle prossime elezioni quale presidente della Regione in quanto hanno insieme circa
centomila dipendenti».
Ecco a cosa puntava l’esponente di Fratelli d’Italia, alla successione di Renato Schifani: ma la
sua corsa è già terminata.
Da laRepubblicaPalermo di Salvo Palzzolo
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