Il CIPESS approva il progetto definitivo da 13,5 miliardi: parte la fase preliminare dei lavori. Ma tra opposizioni e nodi giuridici, la strada è tutt’altro che in discesa
Dopo decenni di attese, rinvii e polemiche, il progetto del Ponte sullo Stretto di Messina entra nella sua fase decisiva.
Il Cipess (Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica e lo Sviluppo Sostenibile) ha approvato il progetto definitivo del Ponte sullo Stretto che comprende una articolata documentazione presentata dal Ministero delle infrastrutture e trasporti.
Un passaggio chiave, annunciato dal ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini, che spalanca la porta all’avvio dei primi cantieri.
Ma se a Roma si parla di svolta storica, sul territorio lo scetticismo non si è affievolito.
Anzi, le contestazioni si moltiplicano, e l’opera appare già destinata a un percorso accidentato tra ricorsi, pareri pendenti e opposizioni di natura tecnica, giuridica e ambientale.
Il maxi-progetto da 13,5 miliardi: numeri, impatto e ambizioni europeeAffidato al consorzio Eurolink, guidato da Webuild con partner internazionali, il ponte prevede un investimento complessivo di circa 13,5 miliardi di euro.
Si tratterà del ponte sospeso più lungo al mondo: 3.666 metri di lunghezza, di cui 3.300 metri di campata centrale, 6 corsie stradali, 2 binari ferroviari, torri alte 400 metri.
La durata stimata? Almeno 200 anni, con un sistema di protezione sismica pensato per resistere a terremoti fino a magnitudo 7.1.
L’opera è inserita nel corridoio TEN-T Scandinavo-Mediterraneo, l’asse strategico dell’Unione Europea che collega Helsinki a Palermo.
Secondo i promotori, potrebbe generare fino a 120.000 posti di lavoro diretti e indiretti e aumentare il PIL nazionale di 3 miliardi l’anno grazie a logistica, export, turismo e maggiore integrazione infrastrutturale tra Nord e Sud.
Nel breve periodo, l’approvazione sbloccherebbe l’avvio delle opere preliminari: rilievi geologici e archeologici, attività di esproprio, cantierizzazione.
Secondo le proiezioni del Ministero delle Infrastrutture, l’opera potrebbe generare fino a 3 miliardi di euro di PIL aggiuntivo annuo, con un moltiplicatore economico di 1,6x ogni euro investito.I benefici stimati includono:
Creazione di 100.000–120.000 posti di lavoro tra diretti, indiretti e indotto;Incremento della capacità logistica e commerciale del Mezzogiorno.
Miglioramento dell’attrattività degli investimenti esteri in Sicilia e Calabria;Effetti positivi sul turismo, grazie alla riduzione drastica dei tempi di attraversamento.
Rafforzamento del corridoio europeo TEN-T da Helsinki a Palermo, con maggiore competitività delle imprese italiane nel trasporto merci su ferrovia.
Ma se lo Stato si ferma?
Le penali da capogiro in caso di inadempimento.
Dietro l’entusiasmo governativo, però, si nasconde un rischio economico potenzialmente esplosivo: quello delle penali contrattuali in caso di revoca o stop unilaterale da parte dello Stato.
Il contratto tra lo Stato italiano e Eurolink è stato riattivato nel 2023 dopo lo scioglimento della società Stretto di Messina S.p.A. avvenuto nel 2013 e successivamente ricostituito.
Il nuovo quadro giuridico ha riattivato le obbligazioni pregresse e previsto penali molto elevate in caso di interruzione immotivata dell’opera.
Le cifre stimate da fonti ministeriali e parlamentari parlano di penali potenziali tra i 500 milioni e 1,2 miliardi di euro, a seconda della fase di avanzamento dei lavori al momento dell’eventuale blocco.
Il contratto prevede infatti:
Indennizzi automatici per spese sostenute dal consorzio (progettazione, personale, materiali, mezzi).
Compensazioni per mancato guadagno (lucro cessante);Interventi legali a tutela del contraente privato in sede nazionale e internazionale.
Per lo Stato italiano, quindi, fermare il progetto a metà corsa sarebbe più costoso che finirlo, anche in presenza di contenziosi o opposizioni. Un meccanismo che vincola fortemente il governo alle proprie scelte infrastrutturali.
Imprese, fornitori, occupazione: chi può beneficiare davvero?
L’avvio del cantiere del Ponte (e delle opere collegate, tra cui strade, ferrovie, impianti) rappresenta un’opportunità concreta per il sistema delle imprese italiane, in particolare:
Imprese di costruzione e subappalto operanti nel Sud Italia.
Aziende attive nella manifattura meccanica, produzione acciaio e cemento;Settore logistico e trasporti.
Studi professionali tecnici (ingegneri, geologi, archeologi);Società di consulenza ambientale, legale, amministrativa.
L’ampio ricorso a fornitori locali è tra le condizioni indicate per massimizzare l’impatto economico sul territorio, con oltre 300 imprese coinvolgibili nella fase a regime.
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