Il seguente articolo esplora il concetto di responsabilità politica e il dovere dei rappresentanti eletti di affrontare i temi che riguardano la collettività, anziché sottrarsi al dibattito.
L’articolo, non ha nulla di personale con le persone coinvolte, ma prende spunto da un evento specifico, quanto successo ieri in consiglio comunale consiglio comunale 07/08/2025 , ma anche tante altre volte ed è una riflessione per analizzare le dinamiche della fuga dal confronto e le sue implicazioni per la democrazia.
La politica, per sua stessa natura, è l’arte del dibattito, del confronto, anche duro e aspro, e della decisione.
I cittadini eleggono i loro rappresentanti affinché, in nome loro, prendano posizioni, discutano e, infine, votino su questioni di interesse comune. È un patto di fiducia che si fonda sulla trasparenza e sull’assunzione di responsabilità.
Tuttavia, a volte assistiamo a un fenomeno preoccupante, l’abbandono dell’aula, l’assenza, l’astensione strategica, la fuga dal voto.
Un comportamento questo che non solo tradisce la fiducia degli elettori, ma che rischia di indebolire le fondamenta stesse della democrazia.
“Chi va via ha sempre torto”, recita un vecchio adagio, e in effetti, chi si sottrae al confronto politico, chi non ci mette la faccia su una decisione, mostra una debolezza che può avere due volti.
Il primo è quello del timore, il sospetto che una presa di posizione chiara possa mettere in imbarazzo il proprio schieramento, con conseguenze personali. In questo caso, il conflitto interiore tra la propria coscienza e la disciplina di partito viene risolto con un’assenza o una fuga, un compromesso che sacrifica l’integrità personale in nome della convenienza.
Il secondo volto è ancora più subdolo e inquietante, perché evoca un’eco di autoritarismo.
Quando un gruppo politico detiene i numeri necessari, può essere tentato di decidere non solo cosa votare, ma anche cosa non votare.
L’assenza o la fuga non sono più atti di debolezza, ma atti di forza arroganti, una decisione imposta dall’alto per soffocare il dibattito, ignorando il principio che i numeri che, in democrazia, si esercitano con il voto, non con la fuga.
L’episodio accaduto ieri nel consiglio comunale, e non è la prina volta che accade, dove alcuni consiglieri hanno scelto di abbandonare l’aula piuttosto che votare su una mozione, incarna perfettamente queste dinamiche.
Non importa quale fosse l’argomento in questione, anche se importante, ciò che conta è il segnale inviato.
Invece di rimanere, votare contro o a favore e affrontare le conseguenze politiche della propria scelta, i “fuggiaschi” hanno preferito un’uscita silenziosa e coordinata.
Hanno dimostrato di essere “pedine”, di obbedire a una decisione presa altrove, a un ordine ricevuto che prevale sull’autonomia di pensiero e di giudizio.
È stato un triste spettacolo vedere persone stimate, che si pensava avessero una propria indipendenza intellettuale, alzarsi all’unisono al segnale ricevuto e, come degli scolaretti richiamati dalla maestra, andar via obbedienti ed in ordine sparso.
La democrazia non è un gioco di nascondino, il suo meccanismo si basa sulla responsabilità individuale e collettiva.
I cittadini non eleggono dei robot che si muovono al segnale del capo, ma persone con la capacità di pensare, argomentare e, soprattutto, decidere.
Chi si sottrae a questo dovere, chi getta via l’opportunità di far sentire la propria voce e di rappresentare i propri elettori, rinuncia al ruolo fondamentale della rappresentatività.
Si spera che un giorno, guardandosi allo specchio, questi rappresentanti abbiano un attimo di riflessione, si spera si rendano conto di aver svuotato di significato parole come “libertà”, “democrazia” e “rispetto delle proprie idee”, parole che forse pronunceranno a voce alta in altre occasioni, ribadendole anche ai propri figli, ma che, uscendo da quell’aula, hanno gettato nel primo cassonetto.
I cittadini hanno il diritto e il dovere di accorgersi che, con questi atteggiamenti, non stanno eleggendo consiglieri, ma un’entità anonima che dall’alto decide su di loro e sul loro futuro.
La democrazia vive e si rafforza con il confronto onesto, con la capacità di affrontare le sfide e le divergenze, non con la fuga dal voto.
Il coraggio di votare, anche in disaccordo con la propria maggioranza, è un segno di rispetto verso se stessi e, soprattutto, verso i cittadini che li hanno scelti per rappresentarli. Ad Maiora
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