Il mio impegno civile, culturale, politico, la mia lunga lotta in difesa dell’ambiente, del territorio, del patrimonio culturale sono stati alimentati, illuminati da diversi padri, da diversi maestri.
Alcuni li ho conosciuti personalmente, li ho frequentati: abbiamo scambiato idee, consigli, opinioni; abbiamo anche realizzato progetti ma, soprattutto, abbiamo fatto tante battaglie, insieme.
Altri, li ho conosciuti indirettamente, soprattutto attraverso la lettura, l’analisi, lo studio delle loro vita, delle loro opere. A ciascuno di essi va la mia riconoscenza.
Ma oggi, qui, voglio ricordare Goffredo Fofi, saggista, attivista, giornalista e critico cinematografico, letterario e teatrale. Una figura peculiare della cultura italiana. Goffredo Fofi (Gubbio, 15 aprile 1937 – Roma, 11 luglio 2025 ), tra tutti gli intellettuali italiani, è stato uno dei pochi che ha sempre rifiutato l’omologazione, cercando di costruire una rete alternativa alla cultura del consumismo.
Con il suo impegno costante tra arte e società ha dimostrato un profondo interesse verso le questioni sociali, unendo impegno civile e passione artistica.
Con la sua scomparsa, perdiamo una voce lucida, radicale. Controcorrente. Fofi ha saputo coniugare insieme passione critica e impegno politico, curiosità per il nuovo e rigore dell’analisi. Maestro di vita e di scrittura, Goffredo Fofi è stato protagonista di mille, indomite battaglie per cambiare il nostro mondo.
Qualche anno fa mi è stata data la possibilità di contribuire alla scrittura di un saggio a più voci: “RIPENSARE IL SUD – Contraddizioni e possibilità di un nuovo umanesimo” – a cura di Nino Arrigo, Alessandro Gaudio e Sergio Severino, Edizioni Rivista di Studi Italiani, Foligno (PG) 2016. Nella sezione antropologia, sociologia e filosofia, tra i diversi contributi, c’è un testo di Fofi, intitolato “Sud”. Nella stessa sezione è presente Il mio testo intitolato “Luoghi e spazi meridiani” (vedi: https://www.rivistadistudiitaliani.it/rivista.php?annonum=2016e1).
Durante un’intervista registrata a Genova nel maggio del 2014, Goffredo Fofi parlò delle sue quattro regole per combattere la disillusione: «Io sono arrivato a fare una specie di decalogo in quattro punti: 1) “resistere”, 2) “studiare”, 3) “fare rete” e l’ultima cosa è 4) “rompere i coglioni”». E aggiunge: «Si è tentati di raccontarsi delle favole: probabilmente il gioco è già giocato e quindi abbiamo perduto. Quello che si può fare è resistere; quello che si può fare a tenere in piedi delle situazioni serie, solide e minoritarie; è una scelta essere minoranza eticamente determinata con dei valori da affermare.
Quindi non si tratta di disprezzare le maggioranze, oggi particolarmente manipolate. Anche la cultura è usata per impedire di guardare in faccia le cose, per distrarre: la cultura come distrazione.
Noi siamo sommersi da parole inutili, immagini inutili e suoni inutili. Non solo inutili, ma invadenti, dannosi. Non ci lasciano un minuto da soli perché hanno paura che, se restiamo soli a pensare, poi stiamo male.
Sapere mette in crisi, vedere il poco che puoi fare per cambiare la tua condizione. Possiamo fare poco ma possiamo farlo, e possiamo riprodurci. Che è poi la base del cristianesimo e del socialismo: solidarietà con gli oppressi e degli oppressi.
Questo mondo è del diavolo, Gesù di fatto attua una sfida. Gaetano Salvemini, che non era un fesso, diceva: «Fai quel che devi, accada quel che può». Lo ripete ossessivamente. A un certo punto esiste anche questa logica, diciamo così kantiana: il senso del dovere».
(Nella foto: la mia partecipazione al corteo NO-PONTE del 9 agosto 2025 a Messina)
Prof. Leandro Janni, presidente di Italia Nostra Sicilia
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