Non è nell’aberrante condizione che oggi affligge il territorio siciliano che risiede l’autentico scandalo.
Quella terra benedetta da una magnificenza paesaggistica che trascende ogni descrizione, eppure sistematicamente svilita dall’inadeguatezza di infrastrutture fatiscenti e dall’ignavia amministrativa, giace ormai in uno stato di prostrazione che ha cessato di suscitare meraviglia.
Il degrado endemico, l’abbandono istituzionale, la sistematica violazione di ogni norma di sicurezza, l’assenza di qualsiasi presidio preventivo costituiscono ormai il tessuto connettivo di una realtà distopica.
È la normalizzazione della vergogna.
La cupidigia senza freni, l’ottusità programmatica e la malvagità premeditata di una classe dirigente priva di qualsiasi residuo di decoro -insediatasi attraverso i meandri torbidi del nepotismo e delle raccomandazioni clientelari- hanno trasformato l’emergenza in condizione permanente, elevando l’eccezionale a paradigma dell’ordinario.
Questa casta di incapaci, parassiti del palazzo, elevati ai vertici del potere non per merito ma per vincoli familiari e favoritismi di bassa lega, ha sistematicamente demolito ogni residua competenza amministrativa.
Una terra che potrebbe essere faro di civiltà, resa cimitero di speranze da amministratori indegni, corrotti e collusi
Ciò che trascende ogni soglia di credibilità, tuttavia, non è questa desolante geografia dell’abbandono, bensì la vostra rassegnata acquiescenza dinanzi all’inaccettabile.
Voi, che avete trasformato la catastrofe in consuetudine, che avete metabolizzato l’emergenza fino a renderla invisibile, che contemplate il disfacimento del vostro stesso futuro con la medesima indifferenza riservata ai fenomeni meteorologici.
La vostra è una cecità volontaria, un’anestesia dell’anima che vi consente di attraversare impavidi paesaggi di rovina senza che il minimo sussulto di indignazione vi sfiori.
Se il fulmine della calamità non vi colpisce direttamente, se il crollo non devasta la vostra dimora, se il dissesto non inghiotte i vostri cari, allora tutto procede secondo l’ordine naturale delle cose.
Nulla è accaduto, nulla merita attenzione, nulla richiede azione. Avete normalizzato l’abnorme con una dedizione che rasenta il patologico.
In questa vostra patologica inerzia si cela il vero DNA del gattopardismo siciliano: quella filosofia dell’immobilismo che ha cristallizzato la vostra mentalità in un eterno presente di sopravvivenza.
Lo stato di abbandono che caratterizza i vostri comuni commissariati o non ancora, i territori che si sgretolano sotto il peso dell’incuria, le devastazioni territoriali che divengono cronaca quotidiana, i comuni che si svuotano, gli smottamenti che diventano cronaca quotidiana, le strade ridotte a mulattiere, gli acquedotti colabrodo che dissipano nel sottosuolo il 60% dell’acqua, la sanità al collasso, la mobilità pubblica ridotta all’osso, non sono manifestazioni del fato o capricci della natura. Sono, invece, il prodotto inequivocabile di un sistema amministrativo fondato sul clientelismo e sulle cooptazioni di comodo, sugli sporchi giochi di potere a spese dei cittadini onesti; sono frutto di un sistema dove la competenza viene meticolosamente sacrificata sull’altare delle parentele e delle convenienze politiche.
Questa perversa alchimia del favoritismo ha elevato ai posti di comando una schiera di inetti la cui unica qualifica consiste nell’appartenenza al giusto clan o nella fedeltà al padrone di turno.
Il risultato è un apparato burocratico che ha raggiunto vette di incompetenza tali da configurarsi come governo da quarto mondo; ma del medioevo.
L’incuria sistematica, il disinteresse istituzionale, la negligenza programmatica, l’abbandono deliberato, l’insipienza elevata a metodo, l’incompetenza e l’arroganza assurta a sistema dei mammasantissima delle istituzioni, rappresentano i pilastri portanti di questa architettura della rovina.
E voi, testimoni muti di questa sistematica devastazione, che perseverate nella vostra colpevole passività siete complici.
Restate zitti non solo quando il fulmine dell’emergenza risparmia le vostre esistenze, ma persino quando vi colpisce direttamente.
La vostra è un’ignavia che trascende ogni categoria sociologica, un’apatia che assume i contorni della complicità morale. È l’imperdonabile complicità del silenzio che vi rende corresponsabili di ogni inefficienza, di ogni degrado sociale, culturale, economico, di ogni crollo, di ogni disastro annunciato.
Ma sappiate che questi “eventi catastrofici” -che voi ostinatamente catalogate come emergenze imprevedibili- configurano in realtà autentici crimini contro l’ambiente, contro la comunità e, per estensione, contro tutta l’umanità. Ogni territorio abbandonato al degrado rappresenta un delitto di proporzioni inaudite.
I responsabili di questa sistematica distruzione, coloro che deliberatamente ignorano ogni segnale d’allarme, che consapevolmente aggravano situazioni già critiche, che trasformano la negligenza in metodo di governo, resteranno per sempre inchiodati alle loro responsabilità storiche e morali.
Come una sentenza di condanna pronunciata dal tribunale della Storia, il loro verdetto è già stato emesso: irrevocabile, definitivo, senza possibilità di appello.
La loro colpevolezza è scolpita nella pietra delle rovine che hanno generato, incisa nei solchi del disastro territoriale che hanno ignorato, impressa nelle lacrime delle famiglie che hanno abbandonato.
E voi, complici del loro silenzio, condividerete per sempre il peso di questa responsabilità collettiva.
“Per quanto voi vi crediate assolti, siete per sempre coinvolti”
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