Siamo a settembre e tra temperature estive e cisterne vuote, c’è già un’aria di Natale in città
Non per l’albero illuminato o per le bancarelle di torrone, ma per un gesto più puro o forse più innocente, che un politico possa compiere, mandare una letterina.
Quella che una volta si scriveva e che, messa in busta, si spediva sperando che un vecchietto con una bella barba folta e bianca e con un vestito rosso la ricevesse ed esaudisse un desiderio.
Un po’ come quella che il nostro Sindaco e Presidente del Libero Consorzio, nel suo cuore di fanciullo, ha spedito, non a Babbo Natale, ma a Siciliacque e all’ATI.
Speriamo non ci si offenda per il parallelismo, ma non abbiamo saputo resistere.
Da un lato c’è il bambino, ingenuo e fiducioso, che chiede un regalo a cui tiene particolarmente, anche per far bella figura con amici e con i suoi compagni di scuola, la macchinina telecomandata, una nuova bicicletta, una pistola spara-palline etc..
Dall’altro, c’è il politico, che chiede un bene primario, l’acqua, litri d’acqua in più…per favore.
Il bambino crede ciecamente che la sua letterina avrà successo, il politico…no, il politico sa bene che una PEC inviata serve a poco o meglio serve più a giustificare la propria buona fede davanti ai cittadini e negli incontri dove si discute di crisi idrica.
Un’autocertificazione di sensibilità politica, un “vedete, ho fatto la mia parte”
Ma in questo audace paragone c’è una differenza.
Mentre il bambino, se non riceve il giocattolo, può piangere, fare i capricci, ma probabilmente troverà un genitore o un nonno che lo accontenterà.
Il politico, invece, dovrebbe sapere che in questo caso il genitore o il nonno di turno fanno orecchio da mercante.
Non servono letterine per “ucchiu di munnu”, ma azioni concrete, quelle che lasciano il segno e non solo il messaggio di ricevuta consegna della Pec.
Se davvero il desiderio è quello di avere più l’acqua, allora la letterina andrebbe sostituita con un atto ben più deciso, una richiesta di incontro o meglio una convocazione.
Un incontro a quattr’occhi, con il Sindaco-Presidente in veste di padroni di casa e le controparti.
Solo un tavolo, possibilmente molto robusto, su cui battere i pugni e una minaccia, chiara e inequivocabile: “Se l’acqua non torna regolare, non dal cielo ma dai rubinetti, scatteranno nuovi esposti e denunce”.
E magari, già che ci siamo, fare un’altra convocazione, quella per i “mitici” 4,2 milioni.
Chiedere conto di quei lavori per il rifacimento parziale della rete idrica cittadina che dovevano iniziare a giugno, “appena chiudono le scuole”, ma che, come per magia, sono svaniti e nel frattempo le scuole sono ricominciate.
La letterina del Sindaco paragonata a quella di un bambino a Babbo Natale è, speriamo si comprenda, un’ironia amara, ma che in fondo vuol significare che se non si cambiano le strategie, l’acqua rimarrà sempre un qualcosa da chiedere, non un sacrosanto diritto.
Rimane solo la consapevolezza che, alla fine, come recita un vecchio proverbio siciliano: “Cu voli va, cu nun voli manna”… letterine. Ad Maiora
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