Meloni vola all’Onu senza mandato del Parlamento: mentre Macron guida sul riconoscimento della Palestina, l’Italia resta isolata
Giorgia Meloni atterra a New York per la 79ª Assemblea generale delle Nazioni Unite. Il suo intervento in plenaria è previsto per il 24 settembre, ma l’Italia si presenta già in posizione di debolezza. La premier parte senza un mandato parlamentare, mentre i principali partner europei si muovono in direzione opposta: Francia, Spagna e altri Paesi intendono formalizzare il riconoscimento dello Stato di Palestina all’Onu. Un passaggio storico, che rischia di segnare l’isolamento politico dell’Italia, ferma a un’ambiguità tattica che appare sempre più come sudditanza a Donald Trump.
L’Italia in coda all’Europa
Il 12 settembre Roma ha votato a favore della “New York Declaration”, risoluzione che riafferma la soluzione a due Stati. Ma Meloni, a fine luglio, aveva definito «controproducente» un riconoscimento immediato, bloccando sul nascere l’opzione politica più attesa. Emmanuel Macron, al contrario, ha già annunciato che Parigi presenterà il riconoscimento in sede Onu, costruendo una coalizione di “volenterosi” per accelerare il processo. Madrid, Dublino e altri governi europei sono pronti a seguirlo.
L’Italia, pur avendo riconosciuto la gravità della crisi umanitaria a Gaza e sollecitato a Netanyahu il rispetto del diritto internazionale, resta su una linea attendista che la esclude dal fronte più dinamico. Una contraddizione evidente, che la priva della possibilità di giocare un ruolo centrale nella definizione della posizione europea.
Le accuse dell’opposizione
In patria la premier viene attaccata per la partenza senza una cornice politica condivisa. «Meloni va all’Onu senza passare dal Parlamento, senza un mandato chiaro e senza credibilità», accusa Riccardo Magi (+Europa), parlando di una strategia «allineata agli Usa di Trump» e incapace di prendere posizione sul riconoscimento della Palestina.
Elly Schlein ha annunciato che il Partito democratico «bloccherà i lavori finché Meloni non riferirà in Aula», chiedendo un voto parlamentare sulla linea di governo. Giuseppe Conte ha parlato di «vergogna nazionale», denunciando la “maschera caduta” del governo sulle responsabilità di Israele. Da Alleanza Verdi e Sinistra arrivano pressioni per un riconoscimento immediato, mentre anche Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni denunciano la «subalternità» italiana. L’opposizione si ritrova così unita nel denunciare il “viaggio senza mandato”, trasformandolo in un caso politico interno.
Una strategia sbagliata
La scelta di seguire la rotta tracciata da Trump è il segnale più evidente di una linea fragile. Il leader americano, tornato alla Casa Bianca, ha messo in agenda una serie di bilaterali e promette di «fare più di chiunque altro per la pace». Meloni si presenta senza uno strumento parlamentare che ne rafforzi la posizione, e così rischia di trasformare l’incontro con Washington in una dinamica a senso unico.
L’Italia non ha presentato iniziative proprie sulla riforma Onu, limitandosi a dichiarazioni di principio. Manca un testo, manca una coalizione, manca la capacità di incidere. In questo vuoto, il bilaterale annunciato con il presidente sudcoreano Lee appare come un’operazione di facciata: utile a segnalare l’impegno multilaterale, ma incapace di colmare il ritardo accumulato sui dossier più rilevanti.
Le conseguenze dell’isolamento
Il prezzo politico di questa strategia rischia di essere alto. Sul piano europeo, Francia e Spagna si candidano a guidare la coalizione mediterranea sulla Palestina, relegando Roma a un ruolo di spettatore. Nei rapporti con i Paesi arabi, la mancanza di un segnale concreto toglie credibilità all’Italia come interlocutore per il “day after” di Gaza. All’interno, l’assenza di un mandato parlamentare offre all’opposizione un’arma comunicativa potente, rafforzata dal fatto che il governo non ha voluto passare da un voto né prima né dopo la partenza.
La narrazione interna di Meloni, costruita sull’asse privilegiato con Washington, rischia così di produrre l’effetto opposto sul piano internazionale: l’immagine di un’Italia subalterna, incapace di giocare la propria partita in autonomia. Una linea che potrebbe far guadagnare consenso alla premier nella sua base, ma che all’Onu la consegna a un isolamento che altri leader europei stanno già trasformando in leadership.
Un’occasione persa
L’Assemblea generale di New York era l’occasione per rimettere al centro l’Italia come ponte tra Europa e Mediterraneo, valorizzando il peso storico e geografico del Paese. Ma senza iniziative concrete e con l’ombra di un mandato mai cercato in Parlamento, Meloni arriva con il profilo di chi ha scelto di fare il secondo di Trump.
Quando Macron salirà sul podio per annunciare il riconoscimento della Palestina, il contrasto sarà evidente. Roma resterà con un piede in due scarpe: ufficialmente a favore della soluzione a due Stati, ma contraria al passo che può renderla credibile. È in questa incoerenza che si misura la distanza tra le ambizioni proclamate e la realtà di un’Italia sempre più isolata.
Fonte LANOTIZIAGIORNALE.IT di Giulio Cavalli
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