Il senatore Roberto Scarpinato ribalta il tavolo.
Finito nel mirino della destra dopo la pubblicazione dei colloqui con Gioacchino Natoli, ex collega in Procura a Palermo ora indagato a Caltanissetta, sostiene di non avere nulla da nascondere e denuncia una manovra di distrazione di massa.
Senatore la accusano di aver concordato le domande con un audito e di essere in conflitto di interessi per il suo ruolo di pm all’epoca dei fatti.
Sono tornate nella macchina del fango le intercettazioni, irrilevanti per la magistratura, di alcuni dialoghi tra me e Natoli, mio amico e storico componente del pool antimafia.
A distanza di un anno però nessuno è in grado di indicare una sola frase da cui risulti che concordavamo di nascondere la verità o di affermare il falso. Perché questo non è mai avvenuto.
Si rileggessero il resoconto stenografico dell’audizione prima di parlare a sproposito.
Natoli aveva chiesto di essere sentito dall’Antimafia per difendere la sua reputazione dopo che l’avvocato Trizzino lo aveva accusato di avere indebitamente archiviato un procedimento penale di cui io non mi sono mai occupato. Su questo tema centrale della sua audizione non ho fatto una sola domanda. Natoli me ne aveva parlato prima di chiedere di essere sentito dalla Commissione, illustrandomi i documenti che aveva acquisito negli archivi giudiziari e che ha poi prodotto. Dunque
quali domande avremmo concordato?
Non gli ho fatto alcuna domanda sulla gestione del processo mafia-appalti perché sapevo che lui non se ne era occupato.
Dunque anche qui di quali domande e risposte concordate stiamo parlando?
Però avete parlato di una domanda sulla riunione del 14 luglio…
Nella seduta del 29 novembre 2023, il magistrato Luigi Patronaggio citato dalla maggioranza, aveva dichiarato che nella riunione della Procura che si era svolta il 14 luglio 1992 si era parlato esplicitamente alla presenza di Borsellino di una richiesta di archiviazione per alcuni indagati dell ’ inchiesta mafia-appalti.
Natoli aveva ascoltato l’audizione via web e mi disse al telefono un fatto che io sconoscevo: anche
lui era stato presente alla riunione ed effettivamente ricordava che si parlò di quella richiesta.
Poiché era una circostanza rilevante, gli dissi di riferirla alla Commissione e che gli avrei fatto
una domanda su quel che era accaduto in quella riunione. Si trattava quindi di riferire un fatto vero di cui Natoli era stato testimone oculare.
Dunque in che cosa consisterebbe l’accordo fraudolento?
Se oggi una persona mi riferisse un fatto rilevante per la Commissione e io ne chiedessi l’audizione anticipandogli che gli farò una espressa domanda, qualcuno potrebbe sostenere che ci siamo messi d’accordo per dire un fatto falso?
Per di più la domanda specifica sul punto della richiesta di archiviazione la fece la Colosimo e non io.
E la volontà di seppellire di documenti la presidente Colosimo?
Il contesto è importante.
La presidente Colosimo mi aveva impedito di porre domande. Ed era in corso la campagna per diffondere una verità di comodo, quella secondo cui Borsellino sarebbe stato ucciso perché voleva
mettere le mani sull’indagine ‘mafia-appalti’ che invece sarebbe stata insabbiata da altri della procura di Palermo. L’insabbiamento è un’assoluta falsità, come dimostrato da centinaia di documenti. Poiché i fatti contraddicono questa lettura, l’unico modo per far emergere la verità era depositare
documenti che contraddicono la narrazione sostenuta dalla maggioranza. Questo ho
fatto e ho detto.
Il centrodestra con queste intercettazioni vuole puntellare la legge per farla fuori dalla Commissione con la scusa di un presunto conflitto di interessi?
È evidente che la maggioranza in Antimafia ha deciso di chiudere definitivamente una saracinesca sulle stragi del 1992/93, escludendo qualsiasi loro collegamento con l’a ttuale stagione politica. Per
farlo sta compiendo forzature istituzionali senza precedenti.
Così ha deciso di occuparsi solo della strage di via D’Amelio e solo di una specifica pista, ignorando del tutto le stragi precedenti e successive eseguite invece in un unico contesto.
Perché l’opposizione non tocca palla e non riesce a estendere l’agenda dei lavori alle stragi del 1993-94?
La nostra richiesta di 57 pagine depositata nel 2023 di estendere le indagini anche a queste altre stragi, è stata completamente ignorata e, addirittura, la presidente Colosimo è arrivata al punto, durante le audizioni, di vietare ai componenti della Commissione di porre domande sulle
stragi del 1993. Tale condotta ha una spiegazione politica: ampliando l’indagine alle altre stragi, emergerebbero i fili
rossi. I segreti che si celano dietro quelle stragi non appartengono al passato della Prima
Repubblica, ma attraversano anche il presente. Come si spiega il fatto che Paolo Bellini, esponente di Avanguardia nazionale condannato definitivamente per la strage di Bologna su mandato dei vertici della P2 e con la complicità del
capo dell’Ufficio Affari riservati del ministero dell’Interno, nel 1992 abbia suggerito ai mafiosi di eseguire attentati ai beni artistici nazionali per alzare la posta dopo le stragi in Sicilia? Come si spiegano i ripetuti e pubblici riferimenti di Giuseppe Graviano, regista di via D’Amelio e delle stragi del 1993, a presunti investimenti miliardari della sua famiglia nelle imprese di Berlusconi?
Perché ha confidato a un compagno di detenzione che qualcuno gli aveva chiesto una cortesia, che sarebbe una strage per la Dia? Chi sarebbe questo soggetto che poi lo aveva tradito, facendolo marcire in carcere?
Secondo lei riuscirete a porre queste domande in Commissione prima della fine della legislatura?
Non credo. Sono argomenti tabù per la maggioranza perché il loro approfondimento potrebbe portare al coinvolgimento di personaggi dell’album di famiglia. Da qui la scelta di concentrare l’indagine conoscitiva solo sulla strage di via D’Amelio e solo sulla pista mafia-appalti. Così si evitano domande urticanti. Dinanzi alla totale impotenza argomentativa la maggioranza ha scelto la scorciatoia di delegittimare
i componenti della Commissione che continuano a sollecitare indagini a 360 gradi, fino al punto di voler approvare una legge che estrometta me e Federico Cafiero de Raho dalla Commissione. La campagna appena iniziata mira a creare il clima propizio per una rapida approvazione.
Da ilFattoQuotidiano del 24/09/2025 intervista di Marco Lillo
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