Spesso davanti a certe coincidenze si rimane perplessi
La coincidena alla quale ci riferiamo è relativa all’articolo, pubblicato stamattina da questa testata, questo il link, inspiegabilmente visibile integralmente sul sito, mentre su Facebook, oagina e gruppo appariva senza l’anteprima, quindi solo link senza foto.
Vero è che che tante volte nella vita quotidiana avvengo fatti che spesso e troppo facilmente classifichiamo come coincidenze, dicendo “che strano”.
Ma spesso non si tratta di pure coincidenza, sono e sanno di un qualcosa che “puzza” di manovra dall’inizio alla fine. Francamente, dopo che la pazienza è stata più volte stata messa a dura prova, adesso è finita.
Quando tutto fila liscio, quando gli articoli scorrono, le immagini di copertina si caricano perfettamente e la navigazione è liscia come l’olio, nessun problema.
Ma poi, se si tocca il tasto dolente o il nervo scoperto, uno specifico e magari scomodo, che mette in imbarazzo ed è forse un po’ urticante per qualche sensibilità, cosa succede?
Di colpo, l’articolo sparisce, anche se questa volta è soltanto scoparsa l’immagine di copertina sparisce e si viene rimandati ad un link sul quale clicchi, sperando in un errore tecnico passeggero, e invece ci si ritrova a leggere un messaggio con scritto: “Dovresti accedere a link di cui ti fidi”.

Ora, mettiamo subito in chiaro una cosa, non siamo nati ieri.
Quando la pubblicazione di un singolo articolo, tra decine di altri, si comporta in modo così anomalo proprio in concomitanza con un contenuto “scomodo”, è difficile non sentirsi presi in giro pensando ad una semplice coincidenza.
Anche perché, pur provando a cambiare l’immagine di copertina, a riavviare il computer, più volte, e riprovare, il risultato è lo stesso, allora ci si premura a pubblicare immediatamente altri articoli con annesse foto e tutto fila liscio.
Ed è a questo punto che torna alla mente quella saggia, seppur cinica, citazione: “A pensar male si fa peccato ma spesso ci si azzecca.”
Se l’obiettivo è quello di “smussare gli angoli”, di evitare che un’immagine d’impatto potesse generare troppo “rumore”, o, peggio ancora, di rendere il contenuto stesso meno accessibile con un avviso intimidatorio, il tentativo è stato a dir poco meschino.
Non è chiaramente un errore tecnico, si sarebbe ripetuto con altri articoli ed immagini, è semplicemente un mezzo trucchetto, uno sgambetto probabilmente dovuto a qualche segnalazione di troppo.
Questo è il punto che infastidisce di più, quel tentativo palese, seppur sottile, di limitare l’accesso o di screditare la fonte inculcando la paura ad aprire un link.
Chi mette in pratica questi piccoli, piccolissimi tentativi di censura o di rallentamento, pensando di mettere il bavaglio o di far desistere, commette un errore madornale di calcolo e non fa altro che ottenere l’effetto contrario.
Prima di tutto perchè genera un’immediata e profonda indignazione, inoltre una “coincidenza” di questo tipo non fa che accendere una lampadina, meglio un faro accecante, sul contenuto, trasformandolo un semplice articolo di cronaca in un qualcosa da leggere assolutamente e nel frattempo ci si chiede: Cosa c’è di così importante da tentare di non farlo vedere?
In secondo luogo, il presunto autore o autori si squalificano da soli, facendo visualizzare ancor più l’articolo.
Quando si usano mezzucci così meschini, e non è la prima volta, la figura di chi sta dietro a questa manovra non è semplicemente cattiva, ma si eleva all’ennesima potenza, perché alla fine basta andare avanti con il “suggerimento” e l’articolo si apre comunque.
L’ostacolo evidenzia una situazione che per molti versi si vuol far dimenticare ai più e se certe “coincidenze” avvengono solo quando si toccano certi “tasti”, il discorso si sposta sull’informazione libera e sulla stessa libertà di analisi critica o di una visione alternativa.
Allora è giunto il momento di smettere di credere alla sorte e iniziare a riflettere seriamente sulla salute della libertà di espressione.
Perché queste non sono coincidenze, sono allarmi e noi non intendiamo più ignorarli ed è per questo che li rendiamo pubblici, non tanto per noi ma per tutti, tanto noi non demordiamo, quindi sommessamente ci permettiamo di consigliare di smetterla. Ad Maiora.
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